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    IDEE - PENSIERO EBRAICO

    La via del cuore buono

    Ci troviamo nel mese di iiar, derivazione della parola or, luce, cioè continuazione della luce, non solo solare ma spirituale. Nel libro dei Re è definito il mese dello splendore (ziv). Il Maharal considerando le sue lettere, alef, iud, iud, resh, rileva le iniziali dei tre partiarchi, Avram, Ytzchak, Yacov e la matriarca Rachel, una delle fondatrici della casa d’Israele. Simbolicamente, mese che racchiude la collettività del popolo ebraico. Il valore numerico di iiar 221 è lo stesso della parola orach, lunghezza. Durata nel tempo e lunghezza nello spazio, a indicare un percorso; punto di partenza e raggiungimento di un obiettivo. È il mese cui viene attribuita dal Sefer Yetzirà, la lettera vav, che indica la congiunzione: collega il mese precedente nissan, in cui ricordiamo l’uscita dell’Egitto, al mese successivo, sivan, in cui avvenne il dono della Torà sul Sinai.
    La luce, cui abbiamo assistito nella rivelazione dei prodigi in Egitto, le piaghe, la spaccatura del Mar Rosso, hanno mostrato come Dio sia intervenuto sulla natura. L’idea della nascita del popolo ebraico con i patriarchi, le dodici tribù, attecchisce con l’esodo dall’Egitto che ha costituito Israel come vero popolo.
    Bereshit 1,3 il Signore disse: “Sia luce!” E luce fu. La prima parte del verso rappresenta il momento in cui Hashem vuole farci arrivare una rivelazione, una luce nuova, che non era stata ancora rivelata. La seconda parte rappresenta la concretizzazione. Questo è un percorso: a Pesach è il momento di avere la rivelazione della presenza divina, che sarà toccata con mano a Shavuot. Hashem mette sé stesso nelle parole della Torà “Anochi” l’acronimo di Io Me Stesso Ho scritto (nella Torà) e Ho dato (e Mi sono dato a voi).
    Il mese di iiar è l’unico mese completo del conteggio dell’omer. Questo percorso di 49 giorni, secondo i Maestri può essere diviso in due parti: i primi 32 giorni, i secondi 17. 32 è il valore numerico della parola lev, cuore. 17 della parola tov, buono.
    Pirkè Avot capitolo 2 mishnà 10: Rabbi Yochannan ben Zakkai chiese ai suoi discepoli di andare a vedere qual è la giusta strada che una persona dovrebbe prendere? Dopo varie risposte si giunge alla conclusione di Rabbi Elazar, la via da seguire è quella di avere sentimenti positivi verso il prossimo, ossia avere un buon cuore, lev tov. Queste parole racchiudono le risposte precedenti. E viene suggerito come comportarci nella vita e come vivere in modo efficace il percorso che ci avvicina alla rivelazione della Torà, luce a cui bisogna prepararsi.
    Tov, è la trentatreesima parola che compare nella Torà. Non a caso il giorno di Lag (33) baomer è un giorno speciale, in cui si interruppe l’epidemia che aveva colpito i ventiquattromila studenti di Rabbi Akiva. Giorno della dipartita di Rabbi Shimon bar Yochai e della rivelazione del sod, segreto base della mistica. La parola compare la prima volta nella creazione della luce del primo giorno; elemento infinito che riesce a giungere all’uomo. La luce primordiale (or aganuz) venne nascosta, riservata per i zaddikim.
    La Ghemarà si chiede perché nella prima versione dei Dieci Comandamenti (Shemot 20;1) non compare la parola tov? Hashem sapeva che sarebbero state spezzate le prime Tavole. Erano state date pubblicamente alla presenza di tutto il popolo. Ciò che è manifesto, esteriore è suscettibile di essere infranto. Le seconde Tavole sono state date solo a Moshè, in modo riservato e si sono mantenute. (Devarim 5;16 “Onora tuo padre e tua madre…affinché te ne venga del bene”).
    Il concetto di buono, come la luce iniziale, deve essere celato. Tutto ciò che viene mantenuto riservato ed intimo, è qualcosa di protetto e duraturo. Verrà con la venuta del Mashiach, un giorno in cui il bene si manterrà anche nell’esteriorità e potrà essere esposto senza conseguenze dannose. Lo impariamo in Shir Ashirim 8;1 “Se solo potessi essere come un fratello, come se tu avessi allattato al seno di mia madre: allora potrei baciarti quando ti incontrassi per strada, e nessuno mi disprezzerebbe.”
    Nel mentre, percorriamo la strada giusta con umiltà, modestia e rispetto: allenandoci a guardare con occhio buono, essere dei buoni amici, dei buoni vicini, cercando di prevenire i risultati delle nostre buone azioni, provando sentimenti positivi verso il prossimo affinché possa ascendere ed essere estesa la luce nella quotidianità. Affinché venga percepito il nostro sforzo volto a migliorare le nostre attitudini caratteriali così da essere pronti al Dono per eccellenza: la Torà Kedosha.

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