Skip to main content

Ultimo numero Novembre – Dicembre 2024

Scarica il Lunario 5785

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati







    IDEE - PENSIERO EBRAICO

    Yom Hashoah Ve Hagvurà: una giornata in cui ribadire il diritto alla difesa. L’intervento del Rabbino Capo Riccardo Di Segni

    “Esistono ormai molte date per ricordare la Shoah, ognuna di queste date ha una sua storia istitutiva, un determinato valore, e spesso risulta più divisiva che unificante. Questa difficoltà la si sente con particolare urgenza in questi mesi dopo il 7 ottobre – ha detto il Rabbino Capo Riccardo Di Segni, durante il suo discorso in sinagoga per la commemorazione di Yom Hashoah Ve Hagvurà – Basta ricordare le polemiche che ci sono state circa la nostra partecipazione durante il 27 gennaio in cui avevamo delle perplessità che sono state fortemente confermate. Accanto alla pietà per quanto ci era accaduto in passato ci siamo dovuti sorbire le prediche di chi ci additava di esser passati da vittime a carnefici” ha proseguito poi il Rabbino Capo di Roma.

    “Il giorno della Shoah che si commemora oggi è chiamato Yom Hashoah Ve Hagvurà, un giorno della Shoah e dell’eroismo istituito dal parlamento israeliano negli anni ‘50, con un’impostazione ideologica e culturale molto specifica che è stata per molti anni, e lo è tuttora, divisiva. Per quale motivo? Perché la Gvurà a cui si fa riferimento è l’eroismo di coloro che hanno resistito ai nazisti. Sembrava dunque che coloro che furono in grado di resistere avessero agito nel giusto mentre gli altri, che furono vittime, contassero un po’ di meno” prosegue il Rabbino Di Segni”. Ciò rappresentava dunque una difficoltà. Originariamente la data scelta era infatti quella in cui era finita, repressa nel sangue, la rivolta del ghetto di Varsavia scoppiata nell’aprile del ‘43, dopo che già più di 270 mila ebrei erano stati deportati dal ghetto di varsavia e massacrati dai nazisti – ha ricordato Di Segni – Nel tentativo finale di ripulire il ghetto gli ebrei insorsero, e la rivolta venne schiacciata nel modo più brutale possibile, tuttavia quel momento di ribellione rappresenta l’emblema delle rivolte ebraiche contro i nazisti. In generale gli ebrei hanno combattuto contro i nazisti, c’erano più di un milione di ebrei negli eserciti alleati, e poi i partigiani e la brigata ebraica”

    Una giornata dalla forte valenza storica e culturale per gli israeliani e gli ebrei di tutto il mondo. “Questa idea della Gvurà che voleva sottolineare il parlamento israeliano, laico e socialista nella sua maggioranza, nasce da una rivoluzione culturale che è quella che ha avuto come miccia esplosiva il pogrom di Chișinău che avviene nell’aprile del 1903. Chișinău, capitale della Moldavia, aveva la metà della popolazione ebraica, il luogo però covava un profondo antisemitismo alimentato dalle autorità – ha raccontato il Rabbino Capo durante il suo intervento – ad un certo punto, si scatenò l’ira popolare contro gli ebrei, scaturita da una falsa accusa di omicidio rituale. Ci furono a quel punto massacri, distruzioni di abitazioni e stupri. Fu qualcosa di terribile per il mondo ebraico, che reagì in vario modo” ha aggiunto Di Segni.

    “Bialik, un poeta ebreo, scrisse una poesia, dal titolo “Be’ Ir Haareghà”, ovvero “Nella città del massacro” presentando un sentimento, non tanto diffuso all’epoca: un grido di protesta nei confronti degli ebrei che si erano praticamente fatti massacrare senza difendersi, assistendo inermi a quelle terribili persecuzioni Il poeta intendeva quindi richiamare il popolo ebraico ad una nuova concezione. Questo è diventato praticamente il manifesto del sionismo, che cominciò a concepire non soltanto il ritorno del popolo ebraico nella terra d’Israele, ma anche l’idea che il popolo ebraico non dovesse più essere massacrato impunemente” ha proseguito Di Segni.

    Un diritto inalienabile e spesso negato, quello di difendersi, che continua a essere contestato agli ebrei e allo Stato d’Israele, dividendo spesso l’opinione pubblica. “Questo diritto alla difesa è diventato un cardine dell’ideologia israeliana, ed è il tema che sta oggi accanto alla storia del 7 ottobre. E si noti che a Chișinău i morti furono “solo” 49, il 7 ottobre sono state massacrate circa 1400 persone. Sostenere l’idea che gli ebrei si debbano difendere, è uno dei pilastri del sionismo. Ogni qual volta sentiamo dire “io non sono antisemita bensì antisionista” vuol dire tra l’altro che si contesta il diritto alla difesa, cosa che farebbe qualsiasi persona davanti ad una minaccia di morte. Il tema che gira attorno alla giornata di oggi è questo; mentre il 27 gennaio lo ricordiamo con il mondo e le autorità, questa giornata è una ricorrenza tutta nostra, che ci deve far pensare all’attualità di questo messaggio” ha concluso Di Segni.

    CONDIVIDI SU: