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    La centralità dell’uomo e il tragico rapporto con Dio nel saggio di Benjamin Fondane

    “È la Legge a essere creata per l’uomo e non l’uomo per la Legge”. Citando il Vangelo di Matteo, Benjamin Fondane riflette su una questione lunga secoli. La centralità dell’uomo, il suo tragico rapporto con Dio, legami esteriori e formali all’interno della Legge e quelli immediati, intimi all’interno della fede. Fondane ci ricorda che anche nei momenti di più alta conflittualità l’importanza della Legge non fu messa in discussione, fu però ridimensionata. Essa è sacra ma ne è lecita la sospensione qualora gli interessi dell’uomo rischino di essere penalizzati più che protetti. 

    La natura della Legge e i suoi limiti, la sensualità del Cantico dei Cantici, la profondità della poesia di Heine e la sua traduzione in rumeno sono solo alcuni dei temi trattati in questa bellissima raccolta di saggi pubblicata da Giuntina, “Tra Gerusalemme e Atene. Scritti sull’ebraismo”. Questo testo ci offre una visione d’insieme sul rapporto tra Benjamin Fondane e diversi aspetti della cultura ebraica: filosofia, filologia, poesia. Autore rumeno nato a fine Ottocento Fondane fu filosofo e scrittore, vicino alla corrente esistenzialista e al pensiero di Heidegger e Nietzsche. Questa traduzione italiana è preziosa perché fa emergere la frammentarietà e la complessità di un autore ancora troppo poco conosciuto che ha fatto della critica al pensiero la propria arma. Molti saggi seguono l’andamento delle poesie e ne condividono talvolta armonia e ritmo, altri seguono il passo della prosa. Uno di questi è quello dedicato a Chagall “pittore tra i pittori, nodo gordiano per una sciabola risoluta”, un artista senza passaporto, il cui mondo si pone prima e nello stesso tempo al di là del Bene e del Male. Qui la Legge è sospesa, e con lei lo sono i violinisti e le capre nei cieli dei suoi quadri. E ancora il discrimine tra il Greco e l’Ebreo: il primo dominatore del mondo che conosce sotto l’aspetto della misura, e il secondo come autore del mondo stesso. Il discrimine tra Oriente e Occidente, tra libertà vera e fasulla, tra responsabilità, intesa come libertà di scelta e determinismo. Qui si gioca la partita tra ebraismo ed ellenismo, ed è qui che Fondane, riprendendo Nietzsche, arriva al paradosso per cui Platone e Socrate, veri creatori dell’etica sarebbero orientali, e dunque ebrei. Perché è risaputo che può esservi morale solo laddove esiste la libertà e i greci si sa, non hanno mai conosciuto la morale, tutt’al più la fisica. 

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