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    Mondo

    Funzionari sauditi chiedono al Rabbino di togliersi la kippà: la commissione statunitense lascia l’Arabia Saudita

    Una delegazione del governo statunitense ha interrotto la sua visita in Arabia Saudita poco dopo che i funzionari locali hanno chiesto al rabbino Abraham Cooper, co-presidente della Commissione degli Stati Uniti sulla libertà religiosa internazionale, di togliersi la kippà. Lo ha diffuso lunedì la commissione in una dichiarazione ufficiale.
    Cooper, rabbino ortodosso e direttore dell’azione sociale globale per il gruppo di difesa del Centro Simon Wiesenthal, ha “educatamente” rifiutato la richiesta con il sostegno del personale dell’ambasciata americana, come si legge nella nota. I funzionari sauditi hanno poi scortato la delegazione governativa fuori dai locali di Diriyah, un sito patrimonio mondiale dell’UNESCO alla periferia della capitale saudita, Riyadh. La delegazione ha deciso di terminare prematuramente la sua visita in Arabia Saudita a seguito dell’increscioso incidente.
    La delegazione era arrivata in Arabia Saudita il 3 marzo ed è stata invitata a visitare Diriyah, la residenza originaria della famiglia reale saudita, qualche giorno dopo. Durante la visita i funzionari hanno chiesto espressamente a Cooper di togliersi la kippà mentre si trovava a Diriyah e “ogni volta che l’uomo avrebbe parlato in pubblico”, spiega la commissione nella nota stampa. “A nessuno dovrebbe essere negato l’accesso ad un sito patrimonio dell’UNESCO, in particolare uno destinato a evidenziare l’unità e il progresso, semplicemente per il fatto di essere ebreo – ha detto Cooper in una nota – soprattutto in un periodo di furioso antisemitismo. La richiesta di togliermi la kippà ha reso impossibile per noi dell’USCIRF continuare la nostra visita. Notiamo con particolare rammarico che ciò sia accaduto ad un rappresentante di un’agenzia governativa statunitense che promuove la libertà religiosa come estremamente grave” prosegue il Rabbino nella dichiarazione.
    Un altro leader del viaggio, il reverendo Frederick A. Davie, vicepresidente della commissione, ha definito l’incidente “sorprendente e doloroso”. La commissione ha designato l’Arabia Saudita come “paese di particolare preoccupazione” a causa delle sue “enorme violazioni della libertà religiosa” ogni anno dal 2000. “Questo sfortunato incidente illustra chiaramente che c’è ancora molto lavoro da fare affinché l’Arabia Saudita si allinei alle tutele legali internazionali che garantiscono il diritto fondamentale di professare la propria religione”, ha affermato Davie in una nota. Il reverendo ha spiegato inoltre che la delegazione ha incontrato funzionari del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero degli Interni e dei commissari per i diritti umani dell’Arabia Saudita durante il viaggio. L’ambasciata saudita ha condiviso in una dichiarazione martedì che “lo sfortunato incidente è stato il risultato di profondo malinteso sui protocolli interni”.
    Cooper ha lavorato a lungo con i leader arabi nel Golfo, ha condiviso la commissione. Diversi stati arabi hanno recentemente normalizzato le relazioni con Israele e, nel frattempo, hanno dimostrato la loro apertura nei confronti delle norme dell’ebraismo all’interno dei loro confini. L’incidente dell’Arabia Saudita avviene mentre il Paese si imbarca in una serie di riforme, note come piano Vision 2030, annunciato dal principe ereditario Mohammed bin Salman nel 2016. Il piano mira ad allontanare l’economia dell’Arabia Saudita dalla sua dipendenza dal petrolio e a trasformare il Paese in un polo commerciale e turistico.
    Il piano prevede che l’Arabia Saudita promuova una “società vivace” che valorizzi le “tradizioni culturali” . Il paese ha infatti attuato alcune riforme sociali significative legate ai diritti delle donne. Gli Stati Uniti affermano tuttavia che il regno è ancora lontano dalla libertà religiose. Gerusalemme e Riyadh si sono avvicinate sempre di più negli ultimi anni, soprattutto da quando Israele ha normalizzato i legami con diversi stati arabi con gli accordi di Abramo del 2020. L’attacco del 7 ottobre contro Israele e la conseguente guerra a Gaza, nonché gli attacchi alle spedizioni globali da parte di militanti nel vicino dell’Arabia Saudita, lo Yemen, hanno aumentato le tensioni nella regione e complicato gli sforzi di normalizzazione.

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