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    ITALIA

    Sbagli Ceccherì, gli ebrei non vincono sempre…

    Caro Massimo Ceccherini,
    hai fatto bene a dire quello che hai detto: “Gli ebrei vincono sempre”. Certo non abbiamo riso molto, ma almeno sappiamo cosa pensi. Dove il verbo pensare lo scrivo più per educazione che per realtà dei fatti. Gli ebrei non vincono sempre come hai affermato. Gli ebrei perdono e perdono spesso. Ma gli ebrei non rimangono cristallizzati ed ossessionati dalle loro perdite. Per esempio, negli anni tra il 1939 ed il 1945 il popolo ebraico ha perso per sei milioni di volte, perdendo sei milioni di anime, eppure nel 1947 accettò la risoluzione 181 dell’Onu relativa alla partizione della Palestina e fondarono uno Stato democratico, che ha dovuto affrontare diverse guerre e diversi sfide esistenziali. Ma non divaghiamo, parliamo di cinema. Immagino, Ceccherì, che lì tu senta forte il senso di vittoria degli ebrei. Parliamo di Hollywood. Un’attrice bruttina, ebrea americana, Barbra Streisand, una che ha fatto della sua bruttezza un’arma di successo, ha recentemente ricevuto un premio alla carriera. Durante il suo discorso ha parlato di alcuni ebrei che hanno vissuto sconfitte: la sconfitta dell’antisemitismo dell’Europa dell’Est, dei pogrom, dei numeri chiusi per gli ebrei all’interno delle Università, delle leggi antiebraiche. Queste persone, sconfitte dalla vita, sono emigrate altrove per poter vincere ed hanno vinto. Non perché gli ebrei vincano sempre, Ceccherì, bensì perché gli ebrei sanno riprendersi dalle sconfitte. Queste persone si chiamano: “Szmuel Gelbifisz, Lazar Meir, Wanskolaser brothers”. Ora tu mi dirai: “E chi sono sti bischeri?” Sono semplicemente coloro che hanno inventato Hollywood ed hanno americanizzato i loro nomi da poveri ebrei sconfitti in americani di successo: Samuel Goldwin, Lousi B. Mayer, Warner brothers. Ma mi rendo conto Ceccherì che Hollywood per te è lontana, tanto lontana ed allora passeggiamo per Firenze. Tu sapevi che nella tua città è esistito un ghetto ebraico? Un quartiere di sconfitte quotidiane, di vite recluse e chiuse al mondo, ma anche di resilienza e resistenza? Una resistenza che è difesa e mai attacco, che è forza e mai offesa altrui. Il Ghetto era situato in un grande isolato tra la piazza del Mercato Vecchio (oggi piazza della Repubblica), le vie dei Rigattieri e dei Naccaioli (oggi via dei Brunelleschi), la via della Vacca (oggi via dei Pecori) e la via della Macciana/via dei Succhiellinai (oggi via Roma). Destinato alla “nazione ebrea”, cioè a quelli che vincono, sempre pe’ capisse, dal 1571, dopo l’emancipazione fu rioccupato da povera gente, diventando una delle zone più degradate dell’intera città, tanto che fu deciso di raderlo al suolo durante il periodo del “Risanamento”. Fu sgomberato definitivamente nel 1885 e demolito dal 1888. E visto che stiamo passeggiando, Ceccherì, andiamo fino a via dei Pucci al numero 2. Troverai per terra una pietra con una piccola targa in ottone che ricorda una persona, il rabbino Nathan Cassuto zl che fu arrestato in quella casa nel novembre del 1943 e morì assassinato ad Auschwitz. Si tratta di una pietra di inciampo ed a Firenze ne trovi molte. Le pietre d’inciampo sono piccole targhe in ottone, realizzate dall’artista tedesco Gunter Demnig, sono incastonate su cubetti di cemento che vengono incassati nel selciato di fronte all’ultima abitazione della vittima. Il rabbino Cassuto fu arrestato mentre usciva da una riunione con i rappresentanti delle associazioni cattoliche per salvare gli ebrei fiorentini dalle deportazioni nel solco dell’impegno del cardinale Elia Dalla Costa. Pensa un po’ Ceccherì: un rabbino ed un cardinale che collaboravano insieme per la salvezza di ebrei, partigiani, dissidenti politici. E Cassuto fu tradito ed arrestato. Si direbbe che fu sconfitto. Ed invece Ceccherì il rabbino Cassuto ha vinto. Perché, se tu andassi in Israele, questo paese così fastidioso, ti potresti incontrare con i nipoti, bisnipoti e trisnipoti di Cassuto che costruiscono e difendono la democrazia israeliana e quindi anche la nostra fragile democrazia occidentale. Questa libertà così preziosa che ti permette di dichiarare quello che vuoi, in maniera spontanea e quasi, oserei dire, con parole così insensate da sembrare una crisi di aerofagia. Ciao Ceccherì.

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