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    ISRAELE

    La voce della famiglia Bibas: un appello al mondo intero per la liberazione degli israeliani rapiti

    Un appello disperato quello lanciato dai parenti della famiglia Bibas: i coniugi Yarden e Shiri, Ariel di 4 anni e Kfir che ha da poco celebrato il primo compleanno sono stati rapiti da Hamas il 7 ottobre. L’organizzazione terroristica ne aveva annunciato la morte nei mesi scorsi “a causa dei bombardamenti israeliani”, come vuole la propaganda di Hamas. Ma la notizia è stata poi smentita dall’IDF. Un video, pubblicato dall’esercito israeliano, girato subito dopo il rapimento che riprende la madre con i due bimbi nelle mani dei terroristi a Gaza, ha riportato l’attenzione su una delle storie più drammatiche dell’attacco del 7 ottobre. Oggi i Bibas sono un simbolo in tutto il mondo, ma prima di tutto sono una famiglia. Lo hanno ricordato i parenti stessi nel corso di un incontro con la stampa internazionale.

    I familiari dei Bibas hanno scelto di condividere la loro angoscia e la disperazione di fronte a numerosi media provenienti da tutto il mondo. Commentando le immagini del video pubblicato dall’IDF Ofri Bibas, sorella di Shiri, ha detto: “Questo video rappresenta un’altra testimonianza delle atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre. Rapire i bambini è un crimine contro l’umanità, e Ariel e Kfir sono vittime innocenti. Yarden avrebbe sacrificato la sua vita per salvare la sua famiglia. Quando è uscito dal rifugio, ha cercato di combattere contro i terroristi. Nel video è evidente come Shiri abbia cercato di proteggere i suoi due bambini, uno dei quali aveva solo 9 mesi. Questo è inaccettabile, riportateli a casa immediatamente”.

    Così, i parenti della famiglia Bibas hanno scelto di divulgare il video per mantenere viva l’attenzione sulle persone ancora tenute in ostaggio e per evitare che questa terribile situazione diventi una pericolosa normalità. Anche Yifat Zailer, cugina di Shiri, ha espresso il dolore provato nel vedere sua cugina a piedi nudi, circondata da uomini, appena presa dal suo letto: “È stato davvero difficile sentire che tutto ciò è giustificato. Ma come può esserlo? I genitori dei miei cugini, mio zio e mia zia, furono assassinati e bruciati vivi quel giorno. Abbiamo tutto il diritto di essere arrabbiati. Ma credo nell’umanità, anche se guardando nel video non c’è nulla di umano. Abbiamo festeggiato il primo compleanno di Kfir senza di lui. Abbiamo vissuto senza sapere se fossero vivi o se avessero ricevuto le medicine. Ma tutta questa famiglia, padre, madre e due piccoli bambini, che colpa hanno?”.

    Anche Aylon Keshet, cugino di Yarden Bibas, evidenzia come, ingenuamente, l’intera famiglia pensasse fosse una cosa che durasse solo poche settimane, quando in realtà, sono più di 130 giorni che attendono e pregano per il loro ritorno.

    Le sue parole però, sono rivolte alle organizzazioni internazionali, in particolare a quelle che sarebbero dovute intervenire affinché ciò non accadesse: “Ci è stato insegnato che ci sono organizzazioni internazionali che affrontano situazioni simili. Siamo stati trattati con mancanza di rispetto, quando in realtà stiamo solo cercando di liberare un bambino, suo fratello e i suoi genitori. Non c’è giustificazione per questo tipo di comportamento. Ogni essere umano con una coscienza dovrebbe condannare le azioni sanguinarie di Hamas contro l’umanità e chiedere il rilascio immediato della nostra famiglia e degli altri ostaggi. I nonni sono stati brutalmente uccisi e ora ci sono genitori e figli. Non vogliamo seppellire 3 generazioni di famiglia”.

    Questo appello sottolinea l’importanza della solidarietà umana e dell’intervento della comunità internazionale per garantire la liberazione della famiglia Bibas e degli altri ostaggi, affinché nessuna famiglia debba mai provare tali sofferenze. La voce della famiglia Bibas deve essere ascoltata e supportata con azioni concrete volte a porre fine a questa tragica situazione. Un ultimo appello però viene fatto da Yifir Bibas: “Tra pochi giorni inizierà il Ramadan, e chiedo alle comunità arabe, ai leader arabi, a tutte le persone che credono nella bontà dell’umanità di usare questo periodo di Ramadan per riflettere sulle loro azioni. Il rapimento dei bambini non è l’Islam. La violenza sulle donne non è l’Islam”.

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