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    Commento alla Torà. Vezòt Ha-Berakhà: lo spirito di Moshè vive in noi

    Il ciclo annuale della lettura delle parashòt della Torà si conclude nel giorno di Simchàt Torà con la lettura dell’ultima parashà, quella che inizia con le parole “Vezòt ha-Berakhà” con le benedizioni di Moshè alle tribù  d’Israele. Questo ciclo corrisponde all’uso derivato dalle comunità ebraiche in Babilonia. In Eretz Israel vigeva un ciclo triennale che però non è più in uso.

    La parashà termina con qualche dettaglio sulla morte di Moshè: “Moshè, servo dell’Eterno, morì in quel luogo, nella terra di Moàv, secondo l’ordine dell’Eterno. Fu sepolto nella valle, nella terra di Moàv, di fronte a Bet-Pe’or. Nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba” (Devarìm, 34:5).

    R. Hizkiyà ben Manoach (XIII secolo, Francia) autore del commento alla Torà intitolato Chizkunì, citando il Talmud babilonese (trattato Sotà, 13b) scrive: “Vennero date tre indicazioni sul luogo della sepoltura di Moshè: nella valle, nella terra di Moàv e di fronte a Bet Pe’or. E nonostante ciò nessuno sapeva dover era stato sepolto, come segno che non fu sepolto da nessun uomo”.

    Nel foglio precedente dello stesso trattato viene raccontato che “Già il malvagio imperatore mandò a chiedere alla guarnigione che si trovava a Bet Pe’or di trovare il luogo dove era sepolto Moshè. Quando andavano in alto appariva loro che fosse in basso. Quando scendevano appariva loro che fosse in alto […]. Questo conferma che nessuno sapeva dove era sepolto”.

    R. Yechiel Ya’akov Weinberg (Polonia, 1884-1966, Montreux) in Lifrakìm(pp. 358-9) osserva che i nemici d’Israele volevano trovare dov’era già morto Moshè. In quale parte del popolo d’Israele Moshè è morto, è stato abbandonato; dove nessuno si ricorda più di lui e il suo ricordo è stato per così dire sepolto. Quando andarono a cercare dove era sepolto risposero che era in alto, tra le alte classi del popolo d’Israele dove il figlio di ‘Amràm dev’essere ben morto e sepolto. Andarono a cercare bene e non ne trovarono la tomba. Nel loro cuore ebraico Moshè non è morto, è solo nascosto. In fondo, in fondo  è vivo ed è viva in loro la scintilla dello spirito di Moshè.

    Decisero di cercare in basso tra le classi basse del popolo. Tra coloro che vivono faticosamente e sono affamati. Lì certamente hanno già dimenticato Moshè e l’hanno ben seppellito. E invece si sono accorti immediatamente del loro errore. Proprio li Moshè è ancora vivo e vigoroso.

    “Nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba”. Tra di noi Moshè non è morto. Tra di noi la sua opera è viva e si trova nel profondo dell’anima del popolo. Ognuno di noi è un esempio vivo che non è possibile trovare il luogo dove è sepolto Moshè.  

    Il popolo d’Israele ha vissuto tra enormi travagli. Siamo un popolo dalla dura cervice, ricchi di ricordi di sofferenze. L’imperatore malvagio cerca invano la tomba di Moshè. I nostri nemici cercano invano la nostra tomba. “L’Eternità d’Israele non mentirà” (I Shemuel, 15:29) e l’eternità della Torà non deluderà.

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