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    PARLAMENTO EUROPEO: LA RISOLUZIONE CHE EQUIPARA NAZISMO A COMUNISMO

     

    La Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa non può essere un documento epocale, stante la sua natura giuridica. Il che non toglie che il suo contenuto sia abbastanza esplosivo da suscitare aspre polemiche, laddove si trova una certa equiparazione fra nazismo, fascismo e comunismo. 

    Il mio giudizio sulle critiche è negativo, perché antepone la propria suscettibilità politica alle conseguenze positive che potrebbero scaturirne, perché non ci si può lamentare dei rigurgiti fascisti e al contempo prendere le distanze da questa Risoluzione, a colpi di cavilli più o meno fondati. Per esempio, si è criticato il passaggio nel quale si dice che ”ottanta anni fa, il 23 agosto 1939, l’Unione Sovietica comunista e la Germania nazista firmarono il trattato di non aggressione, noto come patto Molotov-Ribbentrop, e i suoi protocolli segreti, dividendo l’Europa e i territori di Stati indipendenti tra i due regimi totalitari e raggruppandoli in sfere di interesse, il che ha spianato la strada allo scoppio della Seconda guerra mondiale”, senza considerare che tale patto è stato siglato il 23 agosto 1939, e pochi giorni dopo, il 1° settembre 1939,  la Germania invase la Polonia, come logica conseguenza del protocollo segreto del patto col quale comunisti sovietici e nazisti tedeschi si sono spartiti l’Europa orientale. La vulgata sovietica vuole che il patto sia stato siglato dall’URSS per guadagnare tempo: bel modo di guadagnare il tempo quello che consente di spartirsi un enorme bottino territoriale. Eppoi, non è stato Stalin ad attaccare i nazisti ma sono stati i nazisti ad attaccare Stalin (e l’URSS) con l’operazione Barbarossa del 22 giugno 1941.

    La Risoluzione in oggetto  asserisce anche che “fin dall’inizio, l’integrazione europea è stata una risposta alle sofferenze inflitte da due guerre mondiali e dalla tirannia nazista, che ha portato all’Olocausto, e all’espansione dei regimi comunisti totalitari e antidemocratici nell’Europa centrale e orientale, nonché un mezzo per superare profonde divisioni e ostilità in Europa attraverso la cooperazione e l’integrazione, ponendo fine alle guerre e garantendo la democrazia sul continente; che per i paesi europei che hanno sofferto a causa dell’occupazione sovietica e delle dittature comuniste l’allargamento dell’UE, iniziato nel 2004, rappresenta un ritorno alla famiglia europea alla quale appartengono”; non dovremmo essere noi ebrei, quindi, a criticare una Risoluzione che riguarda la nostra incolumità. Ciò, a maggior ragione per i cultori della memoria, la quale permea di sé tutto un testo dove si “ricorda che i regimi nazisti e comunisti hanno commesso omicidi di massa, genocidi e deportazioni, causando, nel corso del XX secolo, perdite di vite umane e di libertà di una portata inaudita nella storia dell’umanità, e rammenta l’orrendo crimine dell’Olocausto perpetrato dal regime nazista; condanna con la massima fermezza gli atti di aggressione, i crimini contro l’umanità e le massicce violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime nazista, da quello comunista e da altri regimi totalitari” e si “invita gli Stati membri a condannare e contrastare ogni forma di negazione dell’Olocausto, compresa la banalizzazione e la minimizzazione dei crimini commessi dai nazisti e dai loro collaboratori, e a prevenire la banalizzazione nei discorsi politici e mediatici”.

     La Risoluzione non condanna direttamente il comunismo, perché con un linguaggio anfibologico fa riferimento allo stalinismo ed ai regimi totalitari comunisti, anche se nel considerando f) si rileva che “in alcuni Stati membri la legge vieta le ideologie comuniste e naziste”.   

     Il fatto che la Risoluzione sia stata votata anche da forze di destra e di sinistra dovrebbe essere considerato con favore, visti gli scricchiolii accusati dalla democrazia in Europa. L’ANPI appare perplessa ma, se si va su qualche loro sito (Lissone, ad esempio) si trova la narrazione del comportamento di Stalin: “Il 1° agosto 1944, Varsavia si solleva, quando l’armata sovietica è a qualche kilometro. Ma Stalin decide di non intervenire. Dopo 63 giorni di resistenza e 200.000 morti, gli insorti si arrendono ai tedeschi, che vogliono radere al suolo l’intera città”. In un’Europa malconcia, sono le perplessità a lasciare perplessi, a fronte di un documento dove la destra condanna il fascismo e la sinistra  il comunismo o, comunque, le sue manifestazioni deteriori. Se destra e sinistra hanno rinunciato, in buona parte, ad avvalersi dei cavilli, ciò va a loro onore.  

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