Ogni giorno
escono nuove rivelazioni degli ostaggi liberati dai terroristi durante la
tregua. Tra queste, una delle più drammatiche è quella di Agam Almog-Goldstein
(17 anni) rapita da Hamas il 7 ottobre
dal kibbutz di Kfar Aza insieme alla madre Chen (48 anni) e ai due fratellini
Gal (11 anni) e Tal (9 anni), mentre il padre Nadav e la sorella Yam (20 anni)
sono stati assassinati.
Agam è
stata liberata il 26 novembre. Giovedì ha parlato con la radio dell’esercito
raccontando quei tragici giorni di prigionia nelle mani dei terroristi. «Appena
siamo arrivate a Gaza ricordo di aver detto a mia madre “mi tortureranno e mi
stupreranno”» ha detto ha ragazza parlando delle sue preoccupazioni e dei
giorni trascorsi a Gaza.
«C’era la
speranza che tornassimo e che papà ci aspettasse su una sedia a rotelle. Mentre
sapevamo che per Yam non c’era speranza». Agam e la madre hanno scoperto alla
radio che non c’era più nessuna niente da fare per il padre e per la sorella.
Parlando
dei giorni da ostaggio, Agam ha raccontato che si scambiava spesso sguardi con
la madre, ritenevano entrambe che nessun altro potesse comprendere cosa
stessero passando. «Ci sono sensazioni che il corpo prova e che non si possono
spiegare. È uno shock enorme e non importa cosa dico, non può essere compreso».
«Fino ad
adesso non ho ancora realizzato di essere stata lì – ha aggiunto Agam – sembra
la storia di qualcun altro. Qualcuno che non ha avuto un momento per
comprendere la sua situazione. Ricordo di aver detto a mia madre che mi
avrebbero fatto qualcosa, ed era il momento in cui ho realizzato che mi stavano
portando via da casa».
Agam ha
trascorso la prigionia insieme alla madre ed ai fratelli. La maggior parte del
tempo erano soli ed ogni tanto erano tenuti insieme ad altri ostaggi. La
giovane ha spiegato che era spaventata dai terroristi e poi, dopo l’inizio
dell’operazione militare, la paura aumentava soprattutto la notte durante i
bombardamenti israeliani.
Nel corso
dell’intervista Agam ha raccontato anche di un sogno in cui ha visto il padre e
la sorella maggiore ancora vivi che ridevano mentre erano ostaggi.
Alla radio
le hanno anche domandato delle sue preoccupazioni per i fratellini, anche loro
tenuti in ostaggio insieme alla sorella e alla madre. «Mi preoccupava pensare
cosa gli avrebbero potuto fare se io e mia madre ci fossimo ferite durante i
bombardamenti». La spaventavano anche gli «spostamenti di varie persone, in
posti diversi. Mi domandavo se ci avrebbero uccisi».
La giovane
ha spiegato quanto sia difficile tornare alla normalità dopo 71 giorni da
ostaggio e di come siano cambiati i suoi valori durante questo lasso di tempo
che alla giovane è sembrato un’unica lunghissima giornata piena di terrore.