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    Un gruppo di volontari da Roma al sud di Israele per supportare gli agricoltori del Sud

    “È stato veramente faticoso, però questo viaggio è
    stato pieno di soddisfazioni, ci siamo sentiti utili e questo è stato il
    massimo della gratificazione”. Queste le parole di Settimio Di Porto, che è
    tornato pochi giorni fa a Roma dopo aver passato cinque giorni in Israele per
    raccogliere frutta e verdura nei campi al confine con la Striscia di Gaza.
    Insieme a lui, altri cinque ebrei romani, che spinti dall’’iniziativa portata
    avanti dalla Hevràt Yehudé Italia be-Israel e dalle notizie che arrivavano dai
    notiziari israeliani, si sono imbarcati destinazione Aeroporto Ben Gurion e si
    sono rimboccati le maniche.

    Questa piccola delegazione proveniente dalla
    comunità ebraica della Capitale ha aiutato gli agricoltori di Yakhini, un
    piccolo moshav, con poco più di 700 abitanti, che si trova 4 km da Gaza. Qui,
    dalle 8 di mattina fino alle 16, hanno raccolto centinaia di chili di pomodori,
    melanzane, peperoni e patate. “Ognuno di noi ha dato il massimo di quello che
    poteva” ha sottolineato Di Porto, che ogni giorno, seppur esausto provava molta
    tristezza a lasciare il moshav. Il motivo è semplice, da più di un mese questo
    piccolo paese è diventato praticamente deserto, solamente gli agricoltori e il
    personale della sorveglianza sono rimasti a controllare che tutto vada bene.
    Una sensazione che ha provato anche Giacomo Zarfati. “C’era un silenzio
    assordante, non passavano macchine e non si sentiva nemmeno un pianto, nulla”
    ha detto Zarfati.

    Rendersi utile in qualche modo, questo è stato il
    motivo principale di Giacomo Zarfati, che da giovane ha fatto parte
    dell’esercito israeliano. “Non posso fare il miluim, quindi ho deciso di dare
    le mie braccia e mettermi a disposizione per aiutare a raccogliere frutta e
    verdura nei campi”.

    Tornati esausti a Roma, ma consci del fatto di
    essere stati si supporto per i cittadini del Sud di Israele. Tutto il gruppo è
    certo di una cosa: il contributo loro e della Comunità Ebraica di Roma non si
    ferma qui. “Vorremmo portare altri gruppi in questi kibbutzim, per lo meno fino
    a febbraio” ha affermato Zarfati.

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