Liberato il quarto gruppo di ostaggi
In mezzo alle solite scene di molestie da parte di “civili”
di Gaza e di pressioni da parte degli aguzzini per ottenere segni di
“gratitudine” da parte delle loro vittime è stato rilasciato ieri sera il
quarto gruppo di rapiti. Si tratta di nove bambini e due donne, tutti
israeliani (oltre che di nove cittadini thailandesi). Gli israeliani sono: Or
Yaakov: di sedici anni e suo fratello Yagiv di dodici, il cui padre Yair resta
prigioniero di Hamas; Sharon Alony Cunio di 34 anni e le sue due figlie Emma e
Yuli, entrambe di tre anni; anche il loro padre e marito di Sharon, David, è
stato rapito ed è trattenuto in prigionia dai terroristi; Sahar Calderon di sedici anni e suo fratello
Erez di dodici; pure il loro padre resta nelle mani dei terroristi; Karina
Engel Bart di cinquantadue anni, il cui
marito Ronmen è al solito trattenuto da Hamas; con lei sono stati liberati i
figli Mika Engel di diciott’anni, e
Yuval di 11; e Eytan Yahalom, di dodici, il cui padre Ohad resta pure
prigioniero. Tutti i liberati appartengono
al kibbutz Nir Oz, che però ha ancora quarantanove dei suoi membri prigionieri
dei terroristi.
di Gaza e di pressioni da parte degli aguzzini per ottenere segni di
“gratitudine” da parte delle loro vittime è stato rilasciato ieri sera il
quarto gruppo di rapiti. Si tratta di nove bambini e due donne, tutti
israeliani (oltre che di nove cittadini thailandesi). Gli israeliani sono: Or
Yaakov: di sedici anni e suo fratello Yagiv di dodici, il cui padre Yair resta
prigioniero di Hamas; Sharon Alony Cunio di 34 anni e le sue due figlie Emma e
Yuli, entrambe di tre anni; anche il loro padre e marito di Sharon, David, è
stato rapito ed è trattenuto in prigionia dai terroristi; Sahar Calderon di sedici anni e suo fratello
Erez di dodici; pure il loro padre resta nelle mani dei terroristi; Karina
Engel Bart di cinquantadue anni, il cui
marito Ronmen è al solito trattenuto da Hamas; con lei sono stati liberati i
figli Mika Engel di diciott’anni, e
Yuval di 11; e Eytan Yahalom, di dodici, il cui padre Ohad resta pure
prigioniero. Tutti i liberati appartengono
al kibbutz Nir Oz, che però ha ancora quarantanove dei suoi membri prigionieri
dei terroristi.
I “civili” di Gaza: un problema etico e politico
Nelle trattative è emerso fra l’altro che solo una parte dei
rapiti viene trattenuto da Hamas, cui anche i terroristi legati a Fatah
(Brigate di Al Aqsa) hanno consegnato i loro rapiti. gli altri sono in mano
alla Jihad Islamica e anche a gruppi di persone che non appartengono a gruppi
precisi e che andrebbero considerati “civili”, se non avessero partecipato
spontaneamente alla strage, ammazzando, violentando e rapendo chi trovavano. A
proposito dei “civili” di Gaza è degna di essere considerata la storia di Roni
Kriboy, il rapito israeliano con doppio passaporto russo, che è stato liberato
ieri da Hamas per rendere omaggio allo schieramento filopalestinese di Putin.
Kriboy ha raccontato di essere a un certo punto riuscito a sfuggire alla
prigionia dei terroristi e di aver cercato di nascondersi a Gaza e di tornare
in Israele senza riuscirci per la distanza, ma anche perché è stato
individuato, catturato di nuovo e riconsegnato a Hamas da parte di “civili” di
Gaza. Bisogna prendere atto che fra i palestinesi non solo non esiste
un’opposizione organizzata, non ci sono leader o movimenti politici neanche in
esilio che dichiarino la loro opposizione alla strage o in generale al
terrorismo, come ce n’erano anche durante il nazismo fra i tedeschi e
naturalmente in Italia, in Francia e negli altri paesi europei. Nessuna
resistenza, nessuna opposizione, una reazione documentata dai sondaggi di quasi
del 90% di intervistati favorevoli e anzi fieri dell’orribile strage del 7
ottobre. Ma non vi sono neanche “giusti delle nazioni”, persone come Schindler
e Perlasca e tanti altri, che durante la Shoà magari conservavano idee
favorevoli al nazifascismo ma per senso di umanità salvarono gli ebrei dalla
morte. Evidentemente la cultura in cui sono stati allevati i palestinesi, il
continuo lavaggio del cervello, la mescolanza di politica e religione, hanno
distrutto in tanti di loro ogni traccia di pietà. Ogni distinzione fra
terroristi e popolo palestinese sembra ormai un pio desiderio. Questo è un
gigantesco problema non solo etico, ma politico, perché implica che qualunque
forma di autogoverno, qualunque futura leadership di questa popolazione, si
porterà dietro questo sentimento collettivo e costituirà un pericolo non solo
per Israele, ma per tutto il mondo.
rapiti viene trattenuto da Hamas, cui anche i terroristi legati a Fatah
(Brigate di Al Aqsa) hanno consegnato i loro rapiti. gli altri sono in mano
alla Jihad Islamica e anche a gruppi di persone che non appartengono a gruppi
precisi e che andrebbero considerati “civili”, se non avessero partecipato
spontaneamente alla strage, ammazzando, violentando e rapendo chi trovavano. A
proposito dei “civili” di Gaza è degna di essere considerata la storia di Roni
Kriboy, il rapito israeliano con doppio passaporto russo, che è stato liberato
ieri da Hamas per rendere omaggio allo schieramento filopalestinese di Putin.
Kriboy ha raccontato di essere a un certo punto riuscito a sfuggire alla
prigionia dei terroristi e di aver cercato di nascondersi a Gaza e di tornare
in Israele senza riuscirci per la distanza, ma anche perché è stato
individuato, catturato di nuovo e riconsegnato a Hamas da parte di “civili” di
Gaza. Bisogna prendere atto che fra i palestinesi non solo non esiste
un’opposizione organizzata, non ci sono leader o movimenti politici neanche in
esilio che dichiarino la loro opposizione alla strage o in generale al
terrorismo, come ce n’erano anche durante il nazismo fra i tedeschi e
naturalmente in Italia, in Francia e negli altri paesi europei. Nessuna
resistenza, nessuna opposizione, una reazione documentata dai sondaggi di quasi
del 90% di intervistati favorevoli e anzi fieri dell’orribile strage del 7
ottobre. Ma non vi sono neanche “giusti delle nazioni”, persone come Schindler
e Perlasca e tanti altri, che durante la Shoà magari conservavano idee
favorevoli al nazifascismo ma per senso di umanità salvarono gli ebrei dalla
morte. Evidentemente la cultura in cui sono stati allevati i palestinesi, il
continuo lavaggio del cervello, la mescolanza di politica e religione, hanno
distrutto in tanti di loro ogni traccia di pietà. Ogni distinzione fra
terroristi e popolo palestinese sembra ormai un pio desiderio. Questo è un
gigantesco problema non solo etico, ma politico, perché implica che qualunque
forma di autogoverno, qualunque futura leadership di questa popolazione, si
porterà dietro questo sentimento collettivo e costituirà un pericolo non solo
per Israele, ma per tutto il mondo.
Il prolungamento dell’accordo
Questa mattina scadeva il cessate il fuoco di quattro giorni
iniziato venerdì. Grazie alla mediazione egiziana e del Qatar, ieri esso è
stato prolungato di altri due giorni, secondo una possibilità prevista già
nell’accordo iniziale. Israele ha già ricevuto la lista dei rapiti che
dovrebbero essere liberati questa sera.
Dei limiti di questo prolungamento e di eventuali accordi futuri non si
è molto parlato neppure sulla stampa israeliana. Sembra che Hamas accetti ora
di poter liberare anche gli uomini (tutti militari secondo il loro giudizio),
in cambio di un nuovo prolungamento del cessate il fuoco. C’è per Israele
l’imperativo morale di liberare tutti i rapiti che è possibile recuperare, ma è
anche evidente che la tregua permette ai terroristi di nascondere meglio i
rapiti rimanenti, magari trasferendoli anche oltre il confine dell’Egitto, e in
generale di ricostruire le proprie forze. Più si prolunga la tregua più sarà
difficile riprendere i combattimenti.
iniziato venerdì. Grazie alla mediazione egiziana e del Qatar, ieri esso è
stato prolungato di altri due giorni, secondo una possibilità prevista già
nell’accordo iniziale. Israele ha già ricevuto la lista dei rapiti che
dovrebbero essere liberati questa sera.
Dei limiti di questo prolungamento e di eventuali accordi futuri non si
è molto parlato neppure sulla stampa israeliana. Sembra che Hamas accetti ora
di poter liberare anche gli uomini (tutti militari secondo il loro giudizio),
in cambio di un nuovo prolungamento del cessate il fuoco. C’è per Israele
l’imperativo morale di liberare tutti i rapiti che è possibile recuperare, ma è
anche evidente che la tregua permette ai terroristi di nascondere meglio i
rapiti rimanenti, magari trasferendoli anche oltre il confine dell’Egitto, e in
generale di ricostruire le proprie forze. Più si prolunga la tregua più sarà
difficile riprendere i combattimenti.
La “comunità internazionale” e i santuari del terrorismo
Una forte pressione internazionale è già ora in atto per
bloccare la prossima fase del lavoro dell’esercito israeliano; non solo da
parte del Qatar che ha dichiarato che l’obiettivo della propria mediazione è la
stabilizzazione della tregua, ma anche da parte del “ministro degli esteri”
dell’Unione Europea, lo spagnolo Borrell, il quale ha fatto a una conferenza
“euromediterranea” tenita in Catalogna un discorso perfettamente analogo. Il
Segretario di Stato (cioè il ministro degli esteri) americano Blinken inizierà
nei prossimi giorni la sua terza missione in Medio Oriente dopo la strage. Il
problema è che, come lo stesso capo di Hamas Khaled Mashal, ha vantato in un
discorso tenuto dal suo comodo rifugio in Qatar “i nostri tunnel e le nostre
armi sono intatte e pronte a combattere”; certo non tutte, molte sono state
distrutte, ma abbastanza per minacciare una ripetizione del pogrom del 7
ottobre in un tempo non troppo lontano. In sostanza bloccare la situazione allo
stato attuale significherebbe concedere la vittoria a Hamas e lasciare ai
terroristi i mezzi per riprendere il governo di Gaza, non appena le truppe
israeliane siano uscite dalla Striscia,
e per attaccare ancora Israele. Di più, sarebbe un segnale per Hezbollah,
per gli Houti, per l’Iran che li controlla tutti: vorrebbe dire che è possibile
costituire dei territori franchi del terrorismo su cui la legge internazionale
non ha potere e da cui possono partire le più orribili stragi e imprese
piratesche. La “comunità internazionale” non si rende conto o non è interessata
evidentemente alle conseguenze generali della costituzione di santuari della
pirateria e dello stragismo, che prima o poi coinvolgerebbero tutto il mondo.
C’è solo da sperare che la leadership israeliana, esaurite tutte le occasioni di
liberare i rapiti, abbia la forza e la decisione per riprendere la guerra fino
all’eliminazione totale del terrorismo da Gaza.
bloccare la prossima fase del lavoro dell’esercito israeliano; non solo da
parte del Qatar che ha dichiarato che l’obiettivo della propria mediazione è la
stabilizzazione della tregua, ma anche da parte del “ministro degli esteri”
dell’Unione Europea, lo spagnolo Borrell, il quale ha fatto a una conferenza
“euromediterranea” tenita in Catalogna un discorso perfettamente analogo. Il
Segretario di Stato (cioè il ministro degli esteri) americano Blinken inizierà
nei prossimi giorni la sua terza missione in Medio Oriente dopo la strage. Il
problema è che, come lo stesso capo di Hamas Khaled Mashal, ha vantato in un
discorso tenuto dal suo comodo rifugio in Qatar “i nostri tunnel e le nostre
armi sono intatte e pronte a combattere”; certo non tutte, molte sono state
distrutte, ma abbastanza per minacciare una ripetizione del pogrom del 7
ottobre in un tempo non troppo lontano. In sostanza bloccare la situazione allo
stato attuale significherebbe concedere la vittoria a Hamas e lasciare ai
terroristi i mezzi per riprendere il governo di Gaza, non appena le truppe
israeliane siano uscite dalla Striscia,
e per attaccare ancora Israele. Di più, sarebbe un segnale per Hezbollah,
per gli Houti, per l’Iran che li controlla tutti: vorrebbe dire che è possibile
costituire dei territori franchi del terrorismo su cui la legge internazionale
non ha potere e da cui possono partire le più orribili stragi e imprese
piratesche. La “comunità internazionale” non si rende conto o non è interessata
evidentemente alle conseguenze generali della costituzione di santuari della
pirateria e dello stragismo, che prima o poi coinvolgerebbero tutto il mondo.
C’è solo da sperare che la leadership israeliana, esaurite tutte le occasioni di
liberare i rapiti, abbia la forza e la decisione per riprendere la guerra fino
all’eliminazione totale del terrorismo da Gaza.