Liberato il terzo gruppo di rapiti
Nonostante alcune minacce di un nuovo blocco avanzate dai
terroristi durante la giornata, ieri pomeriggio Hamas ha consegnato alla Croce
Rossa il terzo gruppo di rapiti. Sono Abigail Idan, la bambina di quattro anni,
con doppia nazionalità israeliana e americana, sequestrata a Kfar Gaza che era
diventata un po’ il simbolo dei piccoli prigionieri dei terroristi; Ella Elyakim, bambina di 8 anni rapita a
Nahal Oz e sua sorella Dafna di quindici; Ofrt (10 anni), Yuval (8), Oriya (4)
Brodetz e la loro madre Hagar Brodetz
Ama, tutti di Kfar Gaza; Agam (17 anni) Tal (9), Gal Goldstein e la loro madre
Chen Goldstein-Amog (48), anch’essi di Kfar Gaza, come Adrian Aviva Siegel
(63). E’ invece di Nahal Oz Alma Avraham di 84 anni, la più anziana del gruppo,
che è in gravi condizioni fisiche ed è stata immediatamente ricoverata allo
Sheba Medical Center di Tel Aviv per le terapie del caso. Gli altri rapiti
stanno bene, hanno detto di non essere stati torturati o fisicamente attaccati
quando erano nelle mani di Hamas, ma hanno denunciato di aver sofferto la fame
per insufficienza del vitto. Dal gruppo mancano alcuni parenti dei bambini
tanto di oggi che di ieri. Nell’accordo era previsto che le famiglie sarebbero
riconsegnate intere, ma Hamas non l’ha rispettato, asserendo di non riuscire a
trovare i rapiti mancanti. È possibile che sia ancora una manifestazione di
disprezzo per l’umanità e arroganza. Ma questo rifiuto suscita anche timori per
la sorte dei rapiti esclusi dagli scambi.
La liberazione degli stranieri
Al gruppo sono stati aggiunti due lavoratori stranieri e un
cittadino israeliano con passaporto russo, Roni Krivoj di 25 anni, rapito il 7
ottobre alla festa di Re’im. I terroristi gli hanno concesso la libertà (e
probabilmente la vita) “in segno di gratitudine per la posizione del presidente
Putin in favore della Palestina”: una motivazione che mostra ancora una volta
come Hamas consideri la vita degli ebrei come una cosa che si può regalare,
commerciare, distruggere a seconda delle convenienze, senza accordarle nessun
rispetto o sacralità: una concezione barbara e schiavista, che non ha avuto
tutta la condanna e il disprezzo che merita.
Un segnale che Hamas è ancora forte
Solo quattro dei rapiti sono stati rilasciati nel solito
valico di Rafah fra la Striscia e l’Egitto; gli altri sono stati consegnati
alla Croce Rossa nel centro di Gaza, al di là della divisione della Striscia
stabilita da Israele. Ciò dimostra certamente che essi erano detenuti in luoghi
diversi e che dunque ogni azione militare di recupero è resa complicata da
questa dispersione; ma è anche una dimostrazione di forza, perché i terroristi
si sono esibiti all’aperto in una zona a portata di tiro delle truppe
israeliane: una prova che il lavoro di pulizia dai terroristi è ben lungi
dall’essere terminato, anche nella città di Gaza. La consegna è avvenuta in
mezzo ai fischi di una folla minacciosa di “civili” per il cui beneficio Hamas
ha organizzato la sua esibizione; i rapiti hanno detto di aver temuto di essere
linciati durante il rilascio, il che rende ancora una volta problematica la
distinzione che alcuni propongono fra i terroristi, i soli che sarebbero
malvagi, e un popolo palestinese “innocente”. In cambio dei tredici rapiti,
Israele ha scarcerato di nuovo 39 terroristi giovani (non bambini, sono
adolescenti e giovani adulti condannati da un tribunale in quanto colpevoli di
attentati e tentati omicidi) e donne, per lo più abitanti in Giudea e Samaria o
nel comune di Gerusalemme. A Ramallah e in altre città arabe vi sono state
manifestazioni di giubilo e di appoggio a Hamas: un’altra prova del larghissimo
sostegno dei palestinesi al terrorismo, già ampiamente rivelata dai sondaggi.
Il che naturalmente è un problema politico per chiunque voglia sostenere
l’istituzione di uno stato palestinese o l’affidamento di Gaza all’Autorità
Palestinese.
La tregua dovrebbe finire oggi ma forse sarò prolungata
Oggi dovrebbe essere consegnato il quarto gruppo di rapiti e
concludersi la tregua. L’Egitto e il Qatar stanno lavorando per prolungarla di
altri due o tre giorni, con la consegna di altri rapiti, una possibilità
prevista dall’accordo. È chiaro che la pratica di liberare le persone
sequestrate non tutte assieme ma a piccoli gruppi serve ai terroristi per
prolungare e stabilizzare la tregua, impedendo a Israele di proseguire il suo
lavoro di pulizia. Alla fine dei quattro giorni concordati saranno tornati a casa
circa cinquanta rapiti israeliani e una trentina di stranieri. Il che significa
che i terroristi ne detengono ancora almeno tre volte tanto, benché la loro
sorte non sia purtroppo affatto sicura, perché finora non i criminali non hanno
consentito alla Croce Rossa di visitarli né rilasciato un elenco. La posizione
del governo israeliano è di liberare il massimo numero di rapiti secondo la
procedura seguita in questi giorni e poi di riprendere la guerra. La necessità
di riscattare i prigionieri è uno dei temi tradizionali dell’etica ebraica. Ma
è chiaro che più prosegue la guerra più sarà difficile e politicamente costoso
riprendere la guerra contro i terroristi. Nel paese e nel gabinetto vi è una
grande discussione intorno a questi temi.
I pirati del Mar Rosso sconfitti
Infine una notizia importante che riguarda lo Yemen: i
barchini e gli elicotteri dei terroristi Houti armati dall’Iran avevano ieri
catturato una nuova nave ormai fuori dal Mar Rosso, all’imbocco dell’Oceano
Indiano, il cargo “Central Park”, battente bandiera di Cipro, con un equipaggio
composto da filippini, indiani, turchi, bulgari (e nessun israeliano). La
ragione era la solita: si tratterebbe di una nave di “proprietà sionista”. La
novità è che un incrociatore della flotta americana ha raccolto i segnali di
allarme della nave e l’ha liberata dai pirati. Non si erano mosse le navi
militari europee, russe, cinesi presenti nella regione. C’è voluta una
decisione di Biden per sbloccare la situazione. Anche questo è un segno che la
tutela della legalità internazionale oggi passa per schieramenti politici
precisi. È possibile che ne seguano combattimenti fra gli Houti e le truppe
Usa.