È iniziato il cessate il fuoco
La “tregua breve” fra Israele e Hamas è entrata in vigore
stamattina alle 7 (ora di Israele, cioè le 6 secondo il fuso orario italiano):
gli aerei dell’aviazione militare israeliana hanno cessato i bombardamenti e
anche del tutto i voli nella parte meridionale della Striscia, le truppe di
terra hanno cessato di avanzare, attestandosi dietro una linea che corre a sud
della città di Gaza. Israele ha distribuito manifestini e video che ammoniscono
gli abitanti di Gaza sfollati al sud “per il loro interesse” di non cercare di
risalire oltre questa linea, perché “la guerra non è finita e la parte
settentrionale della Striscia è una zona di operazioni pericolosa”. Questo tema
è certamente problematico, perché Hamas spingerà la popolazione rifugiata al
sud a cercare di ritornare a casa, per avere copertura ai propri miliziani e
anche per creare imbarazzo a Israele. Già subito dopo l’inizio della tregua vi
sono notizie di gruppi di abitanti che cercano di rientrare a Beit Hanun, la
località a nord-est di Gaza, immediatamente di fronte a Sderot. Probabilmente
non vengono dal sud ma escono da nascondigli e rifugi vari, e certamente
costituiscono una difficoltà sia sul piano umanitario che su quello militare. È
probabile che nella parte settentrionale di Gaza qualche attività militare
continui, come l’esplorazione e la distruzione delle gallerie di attacco dei
terroristi. Proprio su questo punto vi era stato l’intoppo delle trattative che
avevano provocato un giorno di ritardo nell’inizio della tregua. Vi è stata
peraltro subito, appena un quarto d’ora dopo l’inizio, una violazione della
tregua da parte di Hamas, che ha sparato alcuni razzi in direzione di villaggi
israeliani a est della città di Gaza. Ma si tratta di un incidente giudicato
minore da Israele, in qualche modo previsto perché i terroristi hanno sempre
cercato di essere gli ultimi a sparare in circostanze analoghe, che non
interrompe il cessate il fuoco.
Gli ostaggi
Se il cessate il fuoco terrà, questo pomeriggio alle 16
locali (le 15 italiane) al valico di Rafah fra Gaza ed Egitto, la Mezzaluna
Rossa (versione locale della Croce Rossa) consegnerà ai militari israeliani
tredici dei rapiti (donne e bambini) che avranno ricevuti dai terroristi, e
saranno immediatamente portati in Israele e ricoverati in ospedale per le cure
mediche e psicologiche del caso. Le loro famiglie sono state avvertite ieri,
quando l’accordo è stato completamente definito, ma le loro identità saranno
comunicate al pubblico solo dopo il ricovero, per garantire la tranquillità
loro e delle famiglie. Dopo la conclusione del trasferimento, nel tardo
pomeriggio, Israele libererà trentanove fra donne e minorenni, colpevoli di
reati connessi al terrorismo, come accoltellamenti e tentativi di investimenti
automobilistici, ma non di omicidi, che sono stato già individuati e trasferiti
vicini al luogo dello scambio. Si tratta di una proporzione di tre a uno, che
riduce molto le pretese iniziali di Hamas e non ha paragoni con quello che
accadde per Gilad Shalit, quando oltre 1300 terroristi furono scambiati per il
caporale israeliano sequestrato da una torre di guardia dentro il territorio di
Israele. È interessante però considerare che anche questa proporzione dello
scambio è stata rimproverata allo stato ebraico. Gira per la rete il video di
uno scambio di domande e risposte fra una giornalista di CNN e un portavoce
militare israeliano, in cui la corrispondente americana chiede all’ufficiale di
spiegare il carattere “razzista” di questi numeri, i quali proverebbero
addirittura che Israele considera la vita degli arabi tre volte inferiore a
quella degli ebrei. Come se la scelta di liberare terroristi che probabilmente
torneranno a compiere nuovi crimini, il che è quasi sempre accaduto per quelli
scarcerati in passato per scambi analoghi, fosse una scelta di Israele e non il
risultato di un ricatto da parte di Hamas.
L’ultima giornata prima della tregua
I combattimenti di ieri sono stati particolarmente aspri.
Gli aerei israeliani hanno bombardato diverse centinaia di obiettivi, le forze
di terra hanno continuato a dare la caccia
ai terroristi nei loro nascondigli, la marina ha individuato e eliminato
il comandante delle forze navali di Hamas. Vi sono stati anche scambi intensi
al nord con Hezbollah (che non ha partecipato alle trattative della tregua, ma
ha annunciato di volerla rispettare) e nuove operazioni di sicurezza in Giudea
e Samaria, in particolare a Nablus (Shechem), che non sono comprese nella
tregua. La marina americana ha di nuovo
intercettato un missile proveniente dallo Yemen. Sempre dagli Houti era stato
sparato in precedenza un missile da crociera diretto a Eilat e abbattuto da un
caccia israeliano.
Che cosa succede ora
Se la tregua verrà rispettata, la liberazione di bambini e
delle loro madri e di qualche altra donna rapita dai terroristi in cambio di
giovani non ancora maggiorenni ma già coinvolti in reati di sangue avverrà
ancora per i prossimi tre giorni con le stesse modalità. L’aviazione israeliana
continuerà a non effettuare missioni di bombardamento e si asterrà anche in
certi orari dalle missioni informative al Nord della striscia (e del tutto al
Sud). È prevista la possibilità di un’estensione di ancora qualche giorno, fino
a cinque, se Hamas renderà disponibili altri rapiti da liberare. Alla fine di
questa tregua, lunga nel caso più esteso a nove giorni, Israele intende
riprendere la pulizia di Gaza dal terrorismo e ha ottenuto per questo il
consenso degli Usa. Ma è chiaro che Hamas farà di tutto perché questo non
accada e dobbiamo attenderci una forte pressione politica internazionale, con
manifestazioni, pronunciamenti di autorità e prese di posizioni di vari stati,
in questa direzione.