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    Spade di ferro – giorno 45. Il lager di Shifa e il negazionismo dell’Autorità Palestinese

    Gli ospedali di Gaza, centri di comando e di combattimento

    Che Hamas, da quando è al potere (oltre quindici anni),
    avesse investito energie e somme immense per trasformare gli ospedali di Gaza
    in scudi di protezione per i suoi centri logistici e di comando, per le sue
    caserme, i suoi magazzini di armi e le sue carceri, scavando gallerie e intere
    fortificazioni sotterranee sotto le loro cantine, si sapeva da sempre. E
    infatti le battaglie più dure nell’operazione di Gaza si sono svolte e
    continuano ad aver luogo intorno a questi ospedali, una ventina in tutta la Striscia,
    e in particolare intorno all’ospedale principale della Città di Gaza, Al Shifa.
    Non certo per accanimento di Israele contro medici e malati, che anzi sono
    stati più volte soccorsi ed aiutati a evacuare le istallazioni, ma proprio
    perché la liquidazione della struttura di comando e di combattimento dei
    terroristi si può fare solamente penetrando in questi sotterranei,
    conquistandoli e distruggendoli.

    Gli orrori di Shifa

    Ma c’è qualcosa di nuovo che è emerso negli ultimi giorni,
    quando le truppe israeliane sono riuscite a penetrare a Shifa, almeno alla sua
    parte di superficie. Si sono cioè trovate le prove che l’ospedale è stato anche
    il luogo in cui sono stati trasportati e assassinati almeno alcuni dei rapiti
    del 7 ottobre. Ieri il portavoce dell’esercito ha mostrato alla stampa un certo
    numero di filmati tratti dalle telecamere di sorveglianza di Al Shifa, in cui
    si vedono ostaggi trascinati a viva forza per le sale dell’ospedale, alcuni in
    barella ma altri ancora in piedi e dunque vivi e non bisognosi di soccorso
    medico: è la prova evidente dell’uso di quello che dovrebbe essere un luogo di
    cura in un centro di detenzione, di tortura e di esecuzione. A queste prove
    video si aggiungono le armi, che sono stati ripetutamente trovate nascoste in
    locali dell’ospedale e accumulate nei cortili. Sono state scoperte gallerie e i
    pozzi che vi davano accesso. Ieri per esempio ne è stato mostrato uno profondo
    dieci metri che dava accesso a un tunnel che le forze israeliane hanno percorso
    per una cinquantina di metri, fino a una fortificazione interna munita di
    feritoie da sparo. Sempre nei cortili dello Shifa sono state trovate alcune
    automobili rubate nei villaggi israeliani il 7 ottobre, inclusa la jeep già
    vista in video diffusi dai terroristi, in cui era stata trascinata, denudata,
    esibita e linciata una ragazza tedesca presa alla festa dove i terroristi hanno
    assassinato 350 ragazzi. In locali annessi all’ospedale sono state trovate
    anche delle salme di persone rapire durante l’incursione, come la soldatessa Noa
    Marciano di cui Hamas ha pubblicato il video di un interrogatorio, prima di
    ucciderla. Ci sono state anche testimonianze di medici stranieri che avevano
    fatto volontariato nell’ospedale e che erano stati ammoniti a non superare
    certe porte e a non andare nei sotterranei, a pena di morte. Insomma Israele
    non ha solo il diritto ma il dovere di entrare nei Lager che i terroristi.
    hanno tratto dagli ospedali e solo gli ipocriti possono scandalizzarsene o
    protestare.

    La negazione della memoria

    Questi ipocriti abbondano in Occidente, dove si continuano a
    vedere filmati di persone “perbene”, magari funzionari pubblici, di “bravi
    ragazzi”, magari universitari impegnati, non solo di islamisti, che con l’aria
    di svolgere un dovere politico stracciano i manifesti attaccati ai muri dove
    sono stampate le fotografie degli assassinati e dei rapiti del 7 ottobre – una
    pratica che dovrebbe far riflettere coloro che promettono ogni 27 gennaio la
    memoria. Si tratta in fondo della stessa operazione che i nazisti tentarono alla
    fine della Shoà e che fu prolungata per decenni dai negazionisti.

    La complicità dell’Autorità Palestinese

    L’ipocrisia, o peggio la complicità regna sovrana anche
    dentro i gruppi palestinesi diversi da Hamas, tanto che un sondaggio recente
    mostra che l’84% dei sudditi dell’Autorità Palestinese approva quel che è
    accaduto il 7 ottobre. Forse pensando a questa grande maggioranza
    filoterrorista dei palestinesi, ieri le brigate di Al Aqsa, cioè il braccio
    militare di Fatah, che è presieduto da quello che è anche il presidente
    dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen, ha rivendicato di aver consegnato ad
    Hamas le persone che i suoi militanti avevano rapito il 7 ottobre: una doppia
    ammissione da parte dei “palestinesi buoni” di Fatah: di aver partecipato alla
    strage e rapito civili e di collaborare con Hamas, riconoscendone il controllo
    sulla gestione della guerra. Ma si tratta anche di posizioni ufficiali. L’altro
    ieri è uscito un comunicato del ministero degli esteri dell’Autorità
    Palestinese particolarmente scandaloso, in cui era scritto che sono stati gli
    elicotteri da combattimento delle forze armate israeliane e non i terroristi a
    uccidere i partecipanti al festival musicale Nova e la maggior parte delle
    vittime nei kibbutz al confine di Gaza. Vale la pena di riportare qui la
    replica che il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ritenuto necessaria fare: ”Il
    Ministero degli Esteri palestinese ha pubblicato un messaggio scandaloso. Ha
    negato che Hamas abbia compiuto il terribile massacro di Reim e ne ha
    attribuito la colpa a Israele. Come se non bastasse che Abu Mazen, in 44
    giorni, non abbia ancora condannato il terribile massacro, ora i suoi uomini
    negano questo massacro e lo attribuiscono a Israele. Il negazionista
    dell’Olocausto Abu Mazen ora nega il massacro di Hamas. Voglio essere molto
    chiaro: il giorno dopo lo sradicamento di Hamas, non permetteremo a coloro che
    negano il terrorismo, che sostengono il terrorismo, che finanziano il
    terrorismo ed educano i propri figli sul terrorismo e sulla distruzione dello Stato
    di Israele, di governare nella Striscia di Gaza. Non lo permetteremo”.

     

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