“Am Echad, Lev Echad”. Così si può sintetizzare l’immensa macchina della solidarietà che si è attivata subito dopo i massacri del 7 ottobre. Migliaia di israeliani si sono attivati per aiutare sia i rifugiati che soldati richiamati al fronte. In questa complessa rete di volontariato, la comunità ebraica italiana sta facendo la sua parte, soprattutto a Tel Aviv, dove vive la maggior parte degli italkim. Il tempio degli italiani, gestito da Arik Bendaud, presidente del COM.IT.ES. – Israele, è diventato uno dei tanti centri di smistamento dei generi di prima necessità e del cibo da inviare ai soldati che sono dispiegati sia sul fronte settentrionale e che su quello meridionale. In questa macchina della solidarietà “made in Italy”, anche la Fondazione Naton Titen, creata dieci anni fa da Natan Colombo e Andrea Caviglia, sta facendo la sua parte, con una cosa in particolare: i pasti caldi.
«L’idea di preparare i pasti caldi per i nostri soldati è venuta ad Andrea Caviglia, che nel 2014 partecipò all’Operazione “Tzuk Eitan” – racconta Natan Colombo a Shalom – L’esercito fornisce tutto il necessario ai soldati, ovviamente cercando di minimizzare i costi, quindi non sempre arriva nelle loro basi un pasto caldo, così abbiamo deciso di fare questo con l’aiuto del ristorante Pankina di Scialom Zarrugh». Da Pankina in poco tempo si è creata una piccola comunità: «fuori dal ristorante si trovano sempre 30 persone che lavorano e 30 persone che sono fuori a dare un mano». Chi non lascia mai Pankina, è il suo proprietario, che già l’8 ottobre ha aperto le porte del proprio ristorante ai volontari che senza sosta si mettono a cucinare dalla mattina alla sera. Ogni giorno vengono preparati tra i 1000 e i 1200 pasti al giorno, che poi vengono portate nelle basi insieme ai disegni dei bambini, tra cui quelli della Scuola ebraica di Roma.
«Tutte le persone che sono qua si prendono cura di cucinare al meglio, come se fosse un pasto per un proprio familiare» spiega Scialom Zarrugh.
Ancora una volta il popolo di Israele è stato capace di rialzarsi e di mettere da parte le ostilità, che fino al 6 ottobre dividevano il Paese. Ora invece «tutti lavoriamo insieme, tutte quelle differenze che c’erano fino a poco tempo fa ora non ci sono più».
«Vedere quanto siamo forti e quante cose positive possiamo fare quando siamo tutti insieme, ogni giorno mi dà una forza incredibile» sottolinea Scialom.
Ad aiutare il personale del ristorante per qualche giorno anche un gruppo di italiani giunti direttamente da Roma; i volontari, oltre che in cucina, si sono impegnati anche a portare cibo ai soldati e hanno visitato l’ospedale Ichilov di Tel Aviv, dove sono ricoverati i feriti del 7 ottobre. «Quello che abbiamo visto in queste poche ore è stato tanto Ahavat Israel: giovani e meno giovani che stanno per ore ai fornelli per fare più di un semplice pasto. Quello che fanno va oltre la mitzvà» raccontano.
Nel corso della Storia il popolo ebraico nel momento del bisogno ha saputo mettere da parte le divergenze e si è unito, e così è stato anche questa volta.