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    Antisemitismo e ritorno del rimosso nei media

    È con sgomento che assistiamo al ritorno prepotente di una mostruosità che credevamo tramontata insieme col XX secolo: mascherato da “pacifismo”, come quello dei filonazisti e filosovietici degli anni Trenta, umanitarismo e antisionismo è molto banalmente (ricordate la banalità del male?) antisemitismo. E sta riemergendo fangoso per quanto travestito, alimentato anche dal sistema dei media.

    Contro gli ebrei, lo constato da giornalista e da cittadino italiano non ebreo, è iniziata, all’indomani di una breve e ipocrita “compassione” per la strage pianificata e attuata da Hamas, una campagna, anche giornalistica, di odio che non saprei definire se non razziale: altra parola che sembrava appartenere al lessico del secolo scorso. Non contro il governo pro tempore di Israele e taluni suoi leader politici, cosa perfettamente legittima; e nemmeno “soltanto” contro Israele, unico Stato che dopo quasi duemila anni di dispersione in tutti i continenti il popolo ebraico abbia finalmente potuto edificare, cosa già un po’ meno legittima. No: la campagna, spesso persino non volontariamente, cosa che la rende più grave, perché soggiace nel caso a stereotipi discriminatori profondi, radicati nell’inconscio se non addirittura nell’inconscio collettivo, fomenta odio contro tutti gli ebrei, ovunque essi si trovino. Come dimostrano le stelle di Davide messe a marchiare le case “di ebrei” a Parigi. Si alimenta di narrazioni false, o anche solo parziali, viziate da un punto di vista che è a priori contro gli ebrei e non solo gli israeliani, di vignette che deformano e capovolgono quanto accade (e siamo d’accordo che la satira non può soggiacere alla continenza né al rispetto della verità sostanziale dei fatti, se no non sarebbe satira) e che però danno spunto a considerazioni non di tipo satirico ma con pretese di cronaca. Un esempio disgustoso, e non satirico ma falso, è quello che vede una svastica inscritta nella stella di Davide su un pozzo dalle cui altezze soldati israeliani sparano su innocenti abitanti e bambini di Gaza, che spopola su Facebook e che tanti commentano “è proprio quello che accade”. Io sono convinto che i giornalisti debbano avere la massima libertà di opinione possibile; sono altrettanto convinto che abbiano una forte responsabilità etica, che ispira oltretutto il Testo unico sui doveri del giornalista, nell’evitare di dar vita campagne di odio razziale o religioso, perché purtroppo anche a questo stiamo cominciando ad assistere. Come categoria, fermo restando il pieno e assoluto diritto di cronaca e di critica, nel rispetto della verità sostanziale dei fatti o persino, se il tempo stringe, di quella putativa, credo che i giornalisti debbano interrogarsi sul messaggio che, attraverso tutti i media a loro disposizione, stanno facendo giungere. Anche quando, soprattutto quando mascherato da pacifismo.

    Aggiungo, per triste esperienza personale, che troppi amano gli ebrei solo se morti, e se morti per mano nazista. Quelli vivi, o quelli sterminati da Hamas e da altre organizzazioni terroristiche, li amano molto meno.

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