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    Il 10 settembre la Giornata della Cultura Ebraica: “La bellezza dell’ebraismo in un dialogo con la società circostante”. Intervista alla Presidente UCEI Noemi Di Segni

    Domenica 10 settembre torna la Giornata Europea della Cultura Ebraica, giunta alla ventiquattresima edizione. Sinagoghe, musei e altri siti ebraici si apriranno alla cittadinanza, coinvolgendo in Italia ben 101 località, distribuite in sedici regioni, con Firenze città capofila. In Europa la Giornata è coordinata dall’AEPJ – The European Association for the Preservation and Promotion of Jewish Culture and Heritage; in Italia è coordinata e promossa dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – UCEI. Filo rosso di questa edizione è “La bellezza”. Per scoprire obiettivi e significati Shalom ha intervistato la Presidente UCEI Noemi Di Segni.

     

    La Giornata Europea della Cultura Ebraica rappresenta un appuntamento ormai consolidato, con un numero sempre maggiore di località che vi aderiscono su tutto il territorio nazionale. Come si riesce a rinnovare l’interesse ogni anno?

    Il lavoro svolto ogni giorno dell’anno nelle relazioni istituzionali e personali – di ciascuno di noi – con il mondo esterno culmina in questa giornata molto intensa, che ogni anno accresce i suoi numeri. Questo interesse è favorito proprio dal cuore del messaggio che vogliamo lanciare: la Giornata della Cultura non è un’occasione per commemorare la Shoah e per celebrare la Memoria, a cui pure dedichiamo molto impegno, con la sfida di rivolgerci sia al mondo ebraico che all’esterno, riscontrando grande attenzione e disponibilità. Senza affievolire l’importanza e la coerenza del ricordo della Shoah, la sfida in questo caso è quella di far capire che l’ebraismo è anche altro, è una realtà viva e con un patrimonio culturale fiorente ed eterogeneo. Ci impegniamo pertanto ad alimentare un interesse che vada oltre la memoria. Sulla Shoah si è creato un percorso di impegno che coinvolge scuole e istituzioni, ma non è stato fatto altrettanto sulla cultura ebraica, ambito estremamente vasto che va comunicato e incanalato sui giusti binari.

     

    L’apertura verso l’esterno è uno dei motivi principali dell’iniziativa: cosa si riesce a trasmettere alla società, cosa si riesce a lasciare della cultura ebraica?

    Non si tratta di far conoscere solo il fascino della cultura ebraica, ma anche di far capire quanto la cultura ebraica sia sfondo e parte integrante della cultura italiana. Non è una realtà dal fascino esotico, ma una componente del patrimonio collettivo, che si rileva in ogni ambito in cui la cultura sia declinabile. Questo rende il nostro lavoro ancora più sofisticato. Gli italiani danno per scontati alcuni aspetti della propria cultura, ignorando che talvolta le origini risiedono proprio nell’ebraismo. Può trattarsi di una parola, di un concetto giuridico, di una norma morale, che per noi possono riferirsi a un precetto e sono diventati punti di riferimento della nostra società.

     

    Quali sono i punti di forza del patrimonio culturale ebraico italiano, particolarmente vasto e variegato?

    Una specificità della presenza ebraica in Italia rispetto ad altre comunità nel mondo è lo sviluppo su un’asse temporale lungo oltre due millenni, non paragonabile a fenomeni culturali nati “solo” pochi secoli fa. La nostra sfida è far conoscere all’estero, incluso in Israele, l’unicità e la longevità delle comunità italiane, che vanno oltre le consuete distinzioni tra sefarditi e ashkenaziti. Una ricchezza che ci stimola anche a far conoscere tra loro le 21 diverse comunità italiane, tra cui vi sono diverse connotazioni che delineano altrettante sfaccettature all’interno dello stesso ebraismo italiano.

     

    Qual è il segreto della continuità ebraica in Italia?

    La sopravvivenza in questo ampio arco temporale è la capacità di vivere come parte del territorio mantenendo le proprie tradizioni in modo molto fermo, preservando la vita religiosa inserendola in un contesto in grado di interagire con l’esterno. Non si tratta solo di essere sopravvissuti a delle guerre o a delle persecuzioni, ma di essere riusciti a costruire un dialogo con la società circostante.

     

    Il tema di quest’anno è la bellezza. Perché questa scelta, che si distingue peraltro dal filone europeo che è la memoria?

    La nostra scelta è stata dettata dalla volontà di distinguere la cultura ebraica dalla memoria, che in Italia viene affrontata in modo altrettanto approfondito. La bellezza rappresenta un concetto affascinante e va ben oltre un significato semplice e superficiale: declinata in diversi ambiti, la bellezza evoca un contenuto spirituale al livello più alto. Si può applicare alla cura del corpo, dove la bellezza implica una forma di rispetto per se stessi e per gli altri, o alle sinagoghe, di cui in Italia abbiamo esempi artistici unici al mondo. Questo solo per citare un paio di esempi della “bellezza visiva”. Ma la bellezza non va intesa solo dal punto di vista sensoriale, in quanto la dimensione dei sensi è funzionale a qualcosa di più profondo che si vuole portare in superficie. Un’altra valenza, caratteristica dell’ebraismo, riguarda poi le mitzvot: se si va oltre la mera consapevolezza della regola e si rende più “bella” la mitzvà, come può essere la preparazione di un buon cibo per Shabbat, si genera una partecipazione più ampia e intensa all’adempimento stesso.

     

    Roma è un polo di cultura ebraica tutto l’anno: quale valore aggiunge la Giornata?

    La comunità ebraica di Roma si è sviluppata nel corso dei secoli in tante aree della città, sviluppando diverse arti e mestieri; si è arricchita con numerose componenti che ad essa si sono aggregate, ultima in ordine di tempo quella tripolina; è un modello di sviluppo e resilienza molto importante da conoscere. Questo passa attraverso la conoscenza dei luoghi: non solo l’ex ghetto, che oggi è punto di riferimento dell’ebraismo romano anche per cittadini e turisti che durante l’anno vogliono apprezzare la nostra cultura, ma anche altre zone dove la vita ebraica si è sviluppata con sinagoghe, ristoranti, reperti storici. La Giornata della Cultura propone di approfondire la cultura ebraica romana, spesso con visite guidate ad hoc, come quelle alla sinagoga di Ostia antica, per dimostrare l’ampiezza di questa presenza.

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