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    Gorizia ebraica, una storia di confine da recuperare con la cultura

    La scelta dell’Unione Europea di assegnare a Gorizia e Nova Gorica il ruolo di Capitale Europea della Cultura per il 2025 ha un profondo valore politico, dopo le divisioni della Guerra fredda tra la città italiana e quella attualmente in Slovenia. Questa designazione ha un significato anche per il mondo ebraico, che potrebbe riscoprire una sua pagina di storia e valorizzare il relativo patrimonio. Oggi a Gorizia non ci sono più ebrei e dal 1969 è una sezione della Comunità di Trieste. Ma il periodo tra il XVI secolo e l’inizio del ’900 racconta una pagina importante per l’ebraismo europeo, in una città piccola ma strategicamente rilevante, crocevia tra Oriente e Occidente, ponte tra Impero asburgico e Repubblica di Venezia, punto nevralgico per gli scambi commerciali.

    (Porta del Ghetto di Gorizia)

    «A Gorizia si può ancora identificare l’antico ghetto, istituito nel 1696 – racconta a Shalom Livio Vasieri, Assessore alla Cultura della Comunità Ebraica di Trieste – La comunità goriziana, anche quando fu rinchiusa, mantenne sempre un livello sociale benestante, risentendo del benessere economico della città e delle attività commerciali in cui gli ebrei erano coinvolti, dalla produzione di cera alla filatura di seta, fino al prestito di denaro alla corte d’Austria, che permise a molte famiglie di avere dei privilegi, come la possibilità di spostamenti o non girare con segni distintivi. La dedizione agli studi e la prosperità della comunità portarono Gorizia a guadagnarsi l’appellativo di “piccola Gerusalemme sull’Isonzo”».

    Tra fine ’700 e inizio ’800 la comunità goriziana, in una città di 7mila abitanti, arrivò a contare circa 300 persone; fu sede di alcune famiglie facoltose come Pincherle e Morpurgo e di figure illustri, come la giornalista Carolina Luzzatto Coen, il filosofo Carlo Michelstaedter, il filologo e glottologo Graziadio Isaia Ascoli. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la comunità si è spopolata, ma ne restano visibili alcune tracce: la sinagoga del 1699, più volte restaurata; il portone in ferro battuto in via Ascoli che segnava l’ingresso del ghetto; la lapide in ricordo di Graziadio Isaia Ascoli; l’antichissimo cimitero di Valdirose, che si trova in territorio sloveno, con una lapide addirittura del 1371.

    (Ghetto di Gorizia)

    «L’investitura a Capitale della Cultura nel 2025 è un progetto che interessa tutta la regione, anche se visti i tempi ancora non si riscontrano particolari iniziative delle istituzioni locali – afferma Vasieri – In compenso, vi è un grande impegno della Fondazione Beni Culturali Ebraici Italiani che ha preso a cuore questo percorso. Speriamo che il ruolo di Capitale della Cultura possa essere lo stimolo per una nuova valorizzazione del patrimonio culturale ebraico, che a Gorizia testimonia una presenza significativa che ha lasciato in eredità strutture di un certo pregio di cui turisti, studiosi e cittadini potrebbero fruire. Il cimitero, parzialmente mutilato 40 anni fa per far posto a un’autostrada, dovrebbe essere restaurato, mentre si dovrebbe facilitare l’accesso alla sinagoga e al relativo museo». Proprio in questa estate 2023 la sinagoga di Gorizia si appresta a riaprire, grazie a uno stanziamento di 250mila euro deliberato dal Consiglio regionale per garantire la manutenzione straordinaria dei suoi locali e adeguare la struttura alle normative vigenti. Un primo passo importante verso il 2025.

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