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    La moglie del Mossad. La spy story di Shalva Hessel

    Nascosto tra le pieghe dei segreti e tra le ombre dei pericoli, esaltato dalle tante avventure raccontate nei suoi romanzi, il messaggio che più preme testimoniare a Shalva Hessel è che ciascuna donna, anche la più ordinaria, ha in sé capacità e risorse per fare qualcosa di grande e servire il proprio paese, per il bene di tutta la società.

    Lo sa, questa donna ingegnere del software, perché è ciò che è capitato proprio a lei. Aveva 19 anni, era sposata da un anno con Yoram Hessel e insieme vivevano a Londra. Shalva credeva che suo marito fosse un tranquillo uomo d’affari. Invece era il futuro numero due del Mossad, eroe della Guerra dei Sei Giorni e uno dei soldati ad aver liberato Gerusalemme con Moshe Dayan. La vita della giovane israeliana cresciuta nel Moshav Hivat Zion a Emek Hefer ha preso una svolta a dir poco imprevista dopo il matrimonio, quando il Mossad ha ritenuto tutto sommato un’opportunità arruolare anche lei, dopo un adeguato addestramento operativo, per missioni segrete e sotto copertura. Missioni che Shalva ha deciso di raccontare sotto forma di spy stories. Ne ha già scritte due, “Married to the Mossad” e “Passion Undercover in Teheran”, che si possono acquistare online e leggere, per adesso, in ebraico e in inglese. L’ex agente segreto ci tiene a sottolineare che “tutto quello che il mio alter ego Shelly Travers si trova ad affrontare nei romanzi, è successo davvero. Ho solo cambiato i nomi dei luoghi e delle persone, censurando i dettagli che le avrebbero rese riconoscibili”. Ciò che rende Hessel unica e speciale è il suo atteggiamento aperto e disinvolto quando racconta di sé e del suo rapporto con il Mossad. Ma sarebbe un errore sottovalutare la discrezione di una spia. Quando tutto il mondo si è occupato del misterioso incidente mortale sul Lago Maggiore, lo scorso 28 maggio, in cui una barca con a bordo dozzine di agenti dell’intelligence israeliana e italiana è affondata e quattro persone sono morte, incluso l’agente “M” del Mossad, i media israeliani hanno cercato di ottenere da lei commenti e magari qualche rivelazione. “L’agenzia mi ha chiesto di non rilasciare interviste. Un agente è morto, la questione è troppo delicata. Non ho partecipato a nessuna trasmissione, non ho parlato con nessun giornalista”. Oggi quella storia è in procinto di diventare una miniserie tv in otto episodi. Insomma, il fatto che Shalva Hessel abbia raccontato avventure di vita vissuta in prima persona non deve sorprendere poi così tanto. “Se ci pensi, non è niente di diverso di quanto avrai letto in tanti romanzi e visto in film e serie tv”, spiega sorseggiando un “hafukh” (cappuccino) nel cortile di una caffetteria su Sderot Ben Gurion a Tel Aviv. E infatti quello a cui punta adesso, per il suo patrimonio di storie basate su fatti realmente accaduti, è proprio il successo internazionale attraverso il cinema. “Married to the Mossad”, il suo primo libro, è stato censurato per un decennio prima della sua uscita. Ma poi ha riscosso un enorme successo ed è entrato nella lista dei best seller israeliani, dove è rimasto per quattro mesi. Il secondo, “Passion Undercover in Teheran”, è stato scritto dopo che Shalva è rimasta vedova di Yoram. In questo romanzo, ancora più che nel primo, il focus è sulla capacità della protagonista di reinventare sé stessa di fronte alle difficoltà. “Si tratta di una testimonianza di forza e resilienza”, spiega.

    Vestita di giallo, occhiali da sole e borsa griffata, l’ex agente del Mossad ha l’energia di un ciclone e l’ambizione di una donna d’affari. E non c’è dubbio che raggiungerà il suo obiettivo. “In passato ho ricevuto molte offerte da parte di produzioni internazionali. Ma volevano cambiare i protagonisti dei miei racconti, brillanti agenti del Mossad, in operativi della Cia. Mi sono sempre rifiutata”. Perché la motivazione di questa energica signora, che oltre ai segreti di stato non intende rivelare la sua età, è di far transitare un messaggio positivo sul ruolo del Mossad per la sicurezza globale.

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