Si è spento la scorsa settimana,
all’età di 97 anni, il famoso studioso e giornalista Aharon Ariel.
Nel maggio 1948, una nave della
Marina degli Stati Uniti dismessa, la Marine Carp, trasportava passeggeri da
New York a Haifa quando, fermandosi a Beirut, fu accolta da 400 soldati
libanesi. Israele aveva appena dichiarato la sua indipendenza ed era in corso
la guerra: i libanesi non avevano intenzione di permettere agli uomini ebrei
presenti sull’imbarcazione di salpare verso il nascente Stato ebraico.
Tra i 69 passeggeri che vennero
rimossi dalla nave e trasferiti in un ex campo militare francese nella città di
Baalbek, c’era Aharon Ariel, nato a Gerusalemme ed ex combattente Haganah.
Ariel aveva studiato storia alla
Columbia University e Talmud al Jewish Theological Seminary quando scoppiò la
guerra e decise di tornare in patria. Dopo che il governo degli Stati Uniti
mediò il rilascio dei prigionieri alla fine di giugno, Ariel venne rimandato
negli Stati Uniti cercando con tutte le sue forze di tornare a casa. Alla fine,
lui e un certo numero di detenuti trovarono la maniera per tornare in Israele
unendosi subito all’esercito.
Ancora ventenne, Ariel sembrava
già incarnare la storia di Israele – un modello che avrebbe sostenuto per il
resto della sua vita come studioso, giornalista, editore di enciclopedie,
traduttore e padre di un figlio che sarebbe diventato lui stesso prigioniero
durante la guerra dello Yom Kippur. “Mio nonno era un vero
figlio di Gerusalemme”, ha scritto la nipote Tamar Ariel in un tributo,
pubblicato poco dopo la sua morte. “Nato appena fuori Gerusalemme durante il
Mandato britannico nel 1925, era il più giovane di sei figli. È cresciuto a
King George St., amava Israele, era uno studioso dell’ebraico, della storia e
di Gerusalemme”.
Durante la sua carriera Aharon Ariel lavorò come
giornalista, seguendo il
processo al criminale di guerra nazista Adolf Eichmann. Fu anche redattore della “Encyclopedia Hebraica”, un’opera di riferimento
monumentale pubblicata tra il 1949 e il 1983. I suoi libri includono un lessico
storico, scritto con Joshua Prawer nel 1964, e una traduzione di “Annals of
England” (1968) dello storico britannico George Macaulay Trevelyan.
In gioventù frequentò il Ma’aleh,
un liceo religioso di Gerusalemme. Lì divenne il migliore amico di Yehuda
Amichai, che in futuro sarebbe stato uno dei più grandi poeti di Israele. A 14
anni si unì all’Haganah, diventando infine un comandante junior. Dopo la guerra
lavorò come insegnante di ebraico, così incontrò Batya (Betty) Cohen, cresciuta
nel Lower East Side di New York, che giunse in Israele come membro dell’Hashomer
Hatzair, il gruppo giovanile sionista socialista. I due si sposarono nel 1951
negli Stati Uniti, ma vissero sempre in Israele. Ebbero tre figli e nove
nipoti.
Durante la guerra dello Yom
Kippur, uno di quei figli, Yaakov, fu ferito, catturato e torturato dalle forze
siriane. Venne detenuto per nove mesi come prigioniero di guerra. Durante la
sua prigionia Aharon e Batya fecero pressioni in Israele e negli Stati Uniti
per il suo rilascio.
“Mio padre, con un gruppo di
altri genitori, andò negli Stati Uniti per spingere il governo a chiedere il
rilascio”, ha ricordato Yaakov Ariel, ora professore di studi religiosi
all’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill.
“Era un intenditore di
whisky, arte, cibo, pesca e caffè. – ha scritto la nipote Tamar Ariel – Lui e
mia nonna mi hanno introdotto all’impressionismo, portandomi nei musei d’arte
in Israele, negli Stati Uniti e in Europa fin dalla giovane età”.
Sapeva a memoria ogni brano della
Torah, del Talmud e della storia del Paese, la cui biografia era parallela alla
sua. “Mio nonno era un’enciclopedia ambulante”, ha scritto
Ariel-Goldschmidt.