Siamo a Bologna, è il 23 giugno 1858 e due guardie pontificie si presentano alla porta della famiglia Mortara. Hanno un mandato della Santa Inquisizione: Momolo e Marianna Mortara dovranno consegnare loro il piccolo Edgardo. Le guardie affermano che anni prima il bambino è stato battezzato dalla domestica, pertanto non è ritenuto ebreo e hanno l’ordine di portarlo via. Così la vita della famiglia Mortara viene completamente spezzata. I genitori non accettano questa situazione inizialmente, chiedono spiegazioni e aiuto. Ma purtroppo non c’è nulla da fare, sono costretti a lasciare andare loro figlio, un bambino di soli sette anni.
Questa vicenda, che si inserisce nel doloroso capitolo delle conversioni forzate a cui gli ebrei sono stati costretti per secoli, finisce per destare scalpore in un’opinione pubblica che si stava evolvendo verso la società liberale; tuttavia, anche questo nuovo contesto non smuove il papa Pio IX, che resta irremovibile: il piccolo Edgardo appartiene alla Chiesa. Queste sono le vicende, realmente accadute, che ci racconta Daniele Scalise nel suo romanzo “Un posto sotto questo cielo”, una narrazione vibrante e toccante di una complessa pagina di Storia.