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    La storia dimenticata di Stephanie Horowitz, la fisica ebrea uccisa a Treblinka

    Nei primi anni del Novecento il fenomeno della radioattività poneva più domande che risposte. La pionieristica ricerca di Marie Curie e di suo marito Pierre aveva dimostrato che alcuni elementi, come il radio, potevano emettere radiazioni. Non tutti sanno però, che molti dei personaggi che contribuirono a importanti scoperte in campo chimico e fisico, erano ebrei. E tra questi molti persero la vita nei campi di sterminio nazisti. Un esempio è Stephanie Horowitz (o Stefania Horovitz). Horowitz nacque a Varsavia il 17 aprile 1887. Suo padre, Leopold, era un abile ritrattista famoso per le sue opere in stile barocco. Poco si sa di sua madre, Rosa, nata a Londra. Quando Stephanie aveva tre anni, la sua famiglia si trasferì a Vienna. Nel 1907 si iscrisse all’Università di Vienna per studiare chimica e nel 1914 aveva completato i suoi studi di dottorato nel campo.

    Proprio durante i suoi studi di dottorato, Horowitz conobbe Lise Meitner, una fisica, che ebbe un ruolo fondamentale nella scoperta della fissione nucleare, tanto da avere un elemento chimico con il suo nome. Come Horowitz, anche Meitner era di origini ebraiche e, nonostante si fosse successivamente convertita al cristianesimo, dovette affrontare le persecuzioni dei nazisti, fino ad essere costretta a fuggire da Berlino a Stoccolma. Quando il famoso chimico Hönigschmid chiese a Meitner un giovane ricercatore per determinare il peso atomico del piombo, lei raccomandò Horowitz. Ciò portò all’assunzione di Horowitz alla fine del 1913, ancor prima che avesse ufficialmente completato il suo dottorato. Il laboratorio ricevette decine di chilogrammi di uranio, da cui venne isolato il radio e inviato a laboratori di altri Paesi, compresi quelli di Rutherford e Marie Curie. Horowitz venne quindi incaricata del lavoro impegnativo e fisicamente estenuante di produrre piombo dal materiale rimanente. Diversi mesi dopo, Hongschmid riferì in una lettera a Meitner: “La signorina Horowitz e io abbiamo lavorato come braccianti. È domenica, il tempo è meraviglioso”.

    Il motivo del lavoro estenuante era la lunga e complessa catena di processi necessari per isolare il piombo il più puro possibile. Il processo prevedeva una reazione del piombo con il cloro per produrre cloruro, lavaggi multipli, filtrazioni, dissoluzione del piombo in acido solforico, consolidamento, ripetizione dei lavaggi e filtrazioni. Il duro lavoro venne poi  ripagato. Horowitz scoprì che il peso atomico del piombo del minerale di uranio era di 206,736 unità, non le 206 unità previste da Soddy, ma significativamente diverso dal peso atomico noto del piombo, che era di 207,19. Questa differenza indicava l’esistenza di isotopi, il che significava dunque che il piombo isolato da Horowitz conteneva una certa quantità di piombo 206, che possiede 124 neutroni e 82 protoni nel suo nucleo, oltre a isotopi di piombo più pesanti come il piombo 208, e altri isotopi. Oggi sappiamo che più della metà del piombo naturale è costituito da piombo-208, mentre circa un quarto degli atomi di piombo sono costituiti da piombo-206. Le proporzioni relative di ciascun isotopo in un dato campione determinano il peso atomico complessivo del piombo in quel campione.

    Hönigschmid e Horowitz pubblicarono le loro scoperte in un documento congiunto nel 1914, che ebbe un impatto significativo sulla comunità scientifica in quanto fornì la prima prova a conferma dell’esistenza degli isotopi. In una recensione pubblicata nel 1968, questo articolo venne selezionato come uno dei più importanti articoli di chimica nella prima metà del ventesimo secolo. Successivamente venne applicato il loro metodo a campioni aggiuntivi di minerale di uranio ottenuto dalle miniere in Africa e Norvegia, riuscendo ad arrivare ad un peso atomico di 206,046. Contemporaneamente al loro lavoro di successo con il piombo, Hönigschmid e Horowitz intrapresero un altro progetto: misurare il peso atomico dell’elemento appena scoperto, lo Ionio, trovato nel 1907. Le meticolose misurazioni di Horowitz rivelarono una scoperta inaspettata: lo Ionio non era un nuovo elemento a tutti, ma in realtà un isotopo del torio, un elemento con numero atomico 90. Questa scoperta, pubblicata in un documento congiunto nel 1916, non solo aiutò i chimici a organizzare la tavola periodica, ma fornì anche ulteriori prove dell’esistenza di isotopi in altri elementi. Oggi sappiamo che molti elementi hanno isotopi e il loro significato per la scienza è enorme.

    Pochi anni dopo, nel 1921, Soddy ricevette il Premio Nobel per la Chimica «per i suoi contributi alla nostra conoscenza della chimica delle sostanze radioattive e per le sue indagini sull’origine e la natura degli isotopi». Nella sua conferenza per il Nobel, riconobbe apertamente l’importanza del lavoro di Hönigschmid e Horowitz sul campo. 

    Dopo la prima guerra mondiale, Hönigschmid decise di lasciare Vienna e accettare un incarico prestigioso all’Università di Monaco, che segnò la fine della sua proficua collaborazione con Horowitz. Le ragioni della loro separazione rimangono poco chiare. Una possibile spiegazione potrebbe essere la politica dell’Università di Monaco contro l’assunzione di donne all’epoca, che potrebbe aver impedito a Hönigschmid di offrire a Horowitz un posto. Alcuni rapporti suggeriscono che questioni familiari, forse la perdita di entrambi i genitori durante la guerra, potrebbero aver contribuito alla decisione di Horowitz di non continuare la sua carriera scientifica.

    Si sa molto poco della vita di Horowitz dopo l’abbandono di Vienna. È noto che nel 1937, all’età di 50 anni, si trasferì a vivere con sua sorella Sophia, che era sposata e risiedeva a Varsavia o nelle vicinanze. Nel 1939, la Germania nazista occupò la Polonia e l’anno successivo gli ebrei di Varsavia furono costretti a entrare nel ghetto, insieme a migliaia di altri che vi erano stati deportati con la forza da vari luoghi. La vita nel ghetto era caratterizzata da fame, malattie e brutalità nazista nei confronti degli ebrei, ma è probabile che le sorelle riuscissero a sopravvivere. Nel 1942, quando iniziò la deportazione degli ebrei dal ghetto, le sorelle si misero in fila come richiesto all’Umschlagplatz di Varsavia. Secondo la testimonianza del nipote, le due furono inviati al campo di sterminio di Treblinka.

    La ricerca di Hönigschmid a Monaco continuò a concentrarsi sulla misurazione del peso atomico degli elementi e sull’identificazione di ulteriori isotopi, con le sue pubblicazioni sull’argomento che continuarono fino al 1941. Non è chiaro quale lavoro scientifico abbia svolto durante la seconda guerra mondiale, ma non c’è dubbio che fosse a conoscenza della morte di Horowitz. I rapporti del chimico polacco Kazimierz Fajans suggeriscono che Horowitz fosse tornata a Varsavia per stare con sua sorella e che entrambe fossero stati assassinati dai nazisti. Coloro che conoscevano Horowitz all’interno della comunità scientifica erano probabilmente informati del suo tragico destino. È possibile che questa conoscenza abbia avuto un ruolo nella decisione di Hönigschmid di porre fine alla propria vita, insieme a sua moglie, poco dopo la guerra, nell’ottobre 1945.

    Un anno dopo la morte di Hönigschmid, un lungo necrologio venne pubblicato sulla rivista scientifica Nature, descrivendo in dettaglio i suoi significativi contributi alla scienza. Tuttavia, l’articolo non faceva menzione di Horowitz o del suo lavoro. Nonostante gli sforzi di Hönigschmid per riconoscere i suoi contributi al loro lavoro congiunto, apparendo fianco a fianco negli articoli pubblicati, a quei tempi erano diffusi lo sminuimento e la discriminazione contro le scienziate, soprattutto contro le donne in posizioni junior, con i loro contributi spesso cancellati. Il lavoro di Horowitz è stato liquidato come inesistente. Solo negli ultimi anni alcune pubblicazioni hanno finalmente reso giustizia alla memoria di questa chimica ebrea. 

    Stephanie Horowitz fu tra i 900.000 ebrei assassinati a Treblinka. Di fronte a questo inimmaginabile orrore, il tardivo riconoscimento dell’importanza del suo lavoro di ricercatrice che ha dimostrato l’esistenza degli isotopi è una piccola vittoria dell’umanità sul male.

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