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    Addio a Enrico Loewenthal, partigiano ebreo che liberò Aosta

    È morto ieri, all’età di 97 anni, Enrico Loewenthal, partigiano ebreo che fu comandante di brigata che liberò Aosta tre giorni dopo il 25 aprile 1945. Nella sua lunga vita è stato prima partigiano e poi, per moltissimo tempo, testimone di quanto fece la Resistenza dopo l’8 settembre 1943. Finita la guerra venne insignito della Croce al Merito come Partigiano combattente.

     

    Nato a Torino nel 1926, Loewenthal frequentò la scuola tedesca e poi il liceo Massimo D’Azeglio, fino all’introduzione delle leggi razziali nel 1938, quando fu costretto a lasciare la scuola in quanto ebreo. Così decise di lasciare la città ed entrare a far parte della Resistenza. Fece prima parte nell’undicesima Brigata Garibaldi, poi nella Colonna GL-Renzo Giua in Val di Lanzo e in Val d’Aosta con le formazioni autonome, divenne comandante nelle Valli del Gran San Bernardo, anche grazie alla conoscenza del tedesco, che gli permise di cavarsela in più di un’occasione.

     

    Era conosciuto come “Il partigiano Ico”, un appellativo che lui stesso ripeté nella sua biografia, “Mani in alto, bitte”, pubblicata nel 2015, nella quale metteva insieme le sue memorie introducendole con una frase: “Mi chiamo Enrico Loewenthal, sono nato a Torino, ho visto il mondo in lungo e in largo, sono un industriale, sono ebreo. Durante la guerra di Liberazione sono stato il partigiano Ico”.

     

    Nel dopoguerra divenne imprenditore. La sua azienda di apparecchi per saldature, partita con due soli dipendenti, arrivò ad occupare 110 persone e a esportare in 50 paesi. Ceduta l’attività nel 2002, Loewenthal ha vissuto tra Torino e Pantelleria, dove produceva olio d’oliva.

     

    Sua figlia Elena Loewenthal, autrice, traduttrice, firma de La Stampa e direttrice del Circolo dei lettori di Torino, ricorda così il padre in un articolo del Corriere della Sera: “Questa di mio padre è la pasta del passato che abbiamo dentro di noi. Questo ha attraversato la generazione prima della mia, quella che mi ha messo al mondo. Questo era mio padre a sedici, diciassette, diciotto anni: un partigiano ebreo per le montagne, che per sua e nostra fortuna conosceva le lingue ed era dotato di quella prontezza di riflessi indispensabile per sopravvivere nella sequela di situazioni in cui si è trovato”.

     

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