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    Più rischi colpo di calore per ipertesi e anziani

    Roma, 7 ago. (AdnKronos Salute) – Quando il termometro supera i 30 gradi e l’umidità è elevata “aumentano i rischi di incappare nel colpo di calore. E il pericolo maggiore riguarda ipertesi e anziani fragili, che hanno più difficoltà di termoregolazione”. Ad affermarlo all’Adnkronos Salute è Nicola Di Daniele, ordinario di Medicina interna e direttore del Dipartimento di Scienze mediche del Policlinico Tor Vergata di Roma, che – in vista della prossima ondata di caldo – invita a non sottovalutare i primi sintomi ‘spia’. “Un improvviso malessere, cefalea e brividi – precisa l’esperto – cui segue la febbre alta, anche sopra i 40 gradi”.

    “E’ importante, ai primissimi sintomi, spostare il paziente in un ambiente fresco e ventilato, idratarlo e cercare di abbassare la temperatura corporea, anche con impacchi freschi sul corpo. Non dimentichiamo che i rischi del colpo di calore sono gravi, dallo shock al coma, e potenzialmente letali”. Anche chi ha patologie renali o è in dialisi ha difficoltà di termoregolazione, e dunque è più vulnerabile agli effetti della canicola. “Ecco perché il mio invito è quello di usare particolare cautela nelle giornate più torride: no a bagni di sole in orari centrali – raccomanda – e soprattutto curare l’idratazione, tenendo conto che gli anziani hanno un senso della sete attutito”.

    Quanto bere? In caso di pazienti senior, “almeno 1 litro e mezzo di d’acqua al giorno”, suggerisce l’esperto, che invita i familiari a stimolare l’anziano a bere. “Anche se si assumono farmaci diuretici o anti-ipertensivi si tende a depauperare il patrimonio minerale: il rischio è quello di incappare nella disidratazione. Ecco perché il suggerimento agli ipertesi è quello di chiedere al medico se ‘alleggerire’ la terapia nei mesi caldi”.

    Se la spiaggia nelle ore centrali può rivelarsi insidiosa, anche la montagna può presentare dei rischi per i soggetti fragili. “E’ il caso degli ipertesi: man mano che si sale – ricorda Di Daniele – l’aria è più rarefatta, e per chi soffre di ipertensione può essere azzardato superare i 1500 metri di quota. Fare attività a 2000-2500 metri si trasforma in una prova da sforzo, e bisogna tenerne conto. Nel nefropatico, ad esempio, che ha già l’emoglobina bassa, in montagna si riduce la possibilità di fare sforzi”. Insomma, il suggerimento di Di Daniele è quello di “tener conto delle proprie condizioni anche quando si pianifica una vacanza”.

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