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    Zikaron Basalon, un salone per trasmettere la memoria della Shoah

    In occasione di Yom HaShoah, il
    giorno istituito dallo Stato d’Israele per trasmettere il ricordo della Shoah, si
    rinnova un’iniziativa di grande coinvolgimento emotivo. Con l’organizzazione del
    Centro di Cultura Ebraica, la casa Arbib-Sermoneta ha ospitato un incontro
    speciale fra Edith Bruck, scrittrice e sopravvissuta ai campi di sterminio, e
    gli studenti di alcune scuole capitoline. Non il tradizionale evento in grandi
    aule o in palazzi istituzionali, ma un incontro intimo e ristretto, in ebraico chiamato
    “Zikaron Basalon”, letteralmente “Il ricordo in salone”. Un metodo alternativo
    di trasmettere la memoria, perché è nella stanza simbolo della convivialità
    domestica che il dialogo acquista un valore aggiunto, quasi personale. Dopo
    aver letto il libro “Il pane perduto”, che ripercorre i tragici trascorsi della
    scrittrice italo-ungherese durante la Shoah, gli studenti hanno avuto il
    privilegio di ascoltare la sua testimonianza dal vivo.

    Con grande sacrificio, Edith Bruck ha
    riaperto le proprie ferite per trasmettere la storia alle generazioni future.
    Una storia difficile, fatta di violenza, disperazione, fame, ma anche di
    piccole “luci” di speranza in cui la vita, nella grande macchina della morte,
    sembrava palesarsi. Un racconto che spinge chiunque all’introspezione,
    ristabilendo quale sia il valore della vita, persino dell’importanza di avere
    un nome e soprattutto di restare umani in ogni momento della propria esistenza.
    Infatti, quella cieca violenza mossa dall’odio antisemita non ha mai contagiato
    la piccola Edith, che tutt’oggi si sente immune dal virus dell’odio.

    “Non sono capace ad odiare – ha
    sottolineato più volte – È qualcosa che ti logora dentro. Nonostante questo,
    resta impossibile dimenticare e perdonare”.

    Anche durante il difficile racconto,
    scandito dalle lacrime di commozione, la ricerca della vita è stata comunque il
    fulcro centrale e l’insegnamento più grande. Mai una parola di rancore, mai un
    appello alla vendetta; anche Edith – come gli altri testimoni – è permeata dal
    forte desiderio di pace per l’umanità. Quella stessa pace che le è stata
    strappata da bambina e che oggi, fa notare, 
    in forme diverse torna ad essere minata da una guerra alle porte
    dell’Europa, a pochi passi dalle nostre case. Sebbene provi sconforto nel
    vedere il ripetersi degli errori dell’uomo, Edith Bruck si è comunque detta
    positiva sul futuro della memoria. Perché le testimonianze servono proprio a
    questo, ad impedire che la Shoah diventi solamente una pagina nel grande libro
    della Storia.

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