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    Israele sotto attacco durante le festività pasquali. Che cosa è successo e cosa può accadere ora

    L’assassinio di un turista romano

    Anche la
    stampa italiana, di solito poco sensibile ai crimini del terrorismo
    antisraeliano, ha condannato l’uccisione del nostro connazionale Alessandro
    Parini compiuta da un terrorista arabo israeliano, che ha colpito lui e altri
    turisti investendolo apposta ad alta velocità con un automobile sulla
    passeggiata del lungomare di Tel Aviv: un esempio evidente di come il
    terrorismo attacchi persone che non hanno nessun rapporto con le lotte
    politiche in corso, per cinica volontà di spargere paura assassinando chi
    trovano sulla propria strada.

     

    Gli altri attentati

    L’attentato
    in cui ha perso la vita l’avvocato romano venerdì sera non è stato però
    purtroppo affatto isolato. Poche ore prima, nella valle del Giordano, erano
    state uccise in un attentato con armi da fuoco Rina e Maya Dee, due sorelle
    ebree israeliane di origine inglese, ed era stata ferita gravemente la loro
    madre. Numerosi altri attacchi si sono svolti con conseguenze meno gravi a
    Qalquilyia, Assael e in altre località. Alcuni terroristi che avevano cercato
    di assalire le forze di difesa sono stati eliminati.

     

    Gli scontri sul Monte del Tempio

    Il baricentro
    degli scontri è stata però il Monte del Tempio. In mezzo alle molte migliaia di
    fedeli arabi che vi si sono recati per partecipare alle funzioni del Ramadan,
    si sono inserite (bisogna dire: senza essere per nulla sgradite agli altri o
    isolate) diverse centinaia di persone alla ricerca dello scontro con le forze
    di sicurezza, anche con il pretesto di impedire il pellegrinaggio che alcuni
    ebrei fanno in occasione di Pesach. I terroristi, armati di pietre e fuochi
    d’artificio, si sono barricati nella moschea di Al Aqsa e hanno rifiutato di
    ottemperare l’accordo sottoscritto dal Wafq, la fondazione giordana che
    sovraintende alle istallazioni musulmane sul Monte, di far sgomberare tutti i
    fedeli di notte. Il Wafq stesso si è rifiutato di usare i suoi custodi per
    obbligarli ad andarsene alla fine delle funzioni religiose. È intervenuta
    allora la polizia israeliana che ha dovuto vincere la loro resistenza e
    arrestarne parecchi per garantire la sicurezza delle preghiere. Un episodio non
    certamente unico nella cronaca di questi luoghi, ma che ha provocato
    rimostranze di vari stati arabi ed europei, come probabilmente speravano i
    facinorosi.

     

    I razzi

    Questa è
    stata l’occasione per Hamas e i gruppi che gli sono legati per rinnovare gli
    attacchi missilistici su Israele. La novità è che i lanci non sono venuti solo
    da Gaza, ma in parte dalla Siria e soprattutto dal Libano, da cui sono partiti
    una quarantina di razzi per lo più bloccati da Iron Dome. Hezbollah ha
    sostenuto di non essere responsabile di questi attacchi e il governo libanese
    si è spinto fino a condannarli. I responsabili sono stati individuati in
    terroristi di Hamas che agiscono da 
    campi di rifugiati nel sud del Libano. Ma in questa zona non si muove
    nulla senza l’accordo di Hezbollah, che di recente è arrivata anche a uccidere
    un soldato delle truppe dell’Onu che vi dovrebbero garantire la pace (e la cui
    inutilità si è dimostrata una volta di più in questi giorni). E anche il
    governo nazionale col suo esercito finanziato dagli Usa non conta nulla senza
    l’accordo di Hezbollah. Si è visto fra l’altro che le promesse di “calma”
    seguite alla cessione di zone di sovranità marittime con il controverso accordo
    col Libano, approvato sette mesi fa fra mille polemiche dal governo Lapid ormai
    dimissionario evitando anche un  voto parlamentare
    che avrebbe perso, ha dimostrato di non essere affatto un freno per il
    terrorismo proveniente dal Libano, come Lapid pretendeva. L’attacco ha mostrato
    per la prima volta in questa dimensione come una futura aggressione
    terroristica in grande stile investirebbe Israele allo stesso tempo da nord e
    da sud, mirando innanzitutto alle case civili e dunque alla vita dei cittadini
    israeliani.

     

    La reazione

    Israele ha reagito nel solito
    modo, bombardando installazioni militari di Hamas sia a Gaza che nel Libano, ma
    evitando per ora misure più radicali. Non è detto però che gli scontri siano
    finiti, sia perché gli attacchi terroristici continuano sul territorio
    israeliano e facilmente si possono estendere alle forze terroriste fuori dai
    confini, soprattutto su istigazione dell’Iran, sia per una ragione strategica.
    I recenti disordini politici, con grandi e turbolente manifestazioni di
    protesta e soprattutto con episodi di rifiuto del servizio da parte di militari
    qualificati dell’aeronautica e dei servizi informatici, e di rifiuto della
    convocazione alla leva da parte di giovani in età militare, (tutti approvati
    clamorosamente dai manifestanti e dai loro capi) hanno generato l’impressione
    di un indebolimento dello Stato e dell’esercito israeliano, molto diffusa sulla
    stampa iraniana e sui siti dei movimenti terroristi. Questi episodi di rivolta
    si estendono a tutti i settori più delicati di Israele; oggi i giornali
    americani danno notizia (vera o falsa non si sa, ma ripresa con molta forza in
    Israele) che le manifestazioni antigovernative sarebbero state non solo
    finanziate dagli Usa, ma agevolate se non proprio promosse dal Mossad. E nel
    Medio Oriente attuale non c’è spazio per chi appare debole. È dunque vitale per
    Israele ristabilire la propria deterrenza e la credibilità della Forze armate,
    anche in vista della ripresa dell’attività parlamentare a fine mese, che
    probabilmente sarà il pretesto per nuove rivolte. È probabile che i terroristi
    e i nemici di Israele riprendano a mettere alla prova la capacità di reazione
    del paese, che resta sostanzialmente sotto assedio. E in questo caso bisogna
    attendersi una reazione militare israeliana più ampia e decisa, che comunichi a
    tutti gli interessati quel che ha dichiarato Netanyahu: i nostri dissensi
    interni non devono incidere sulla nostra capacità di autodifesa.

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