Un confronto che continua
Il braccio di ferro nella politica israeliana sulla riforma
della giustizia ha raggiunto un punto molto acuto. Giovedì sera il Primo
ministro Netanyahu si era rivolto al paese assicurando che prendeva in mano
direttamente la questione e che non vi era nessuna volontà da parte sua di
cambiare le garanzie individuali o di indebolire la democrazia ma invece di
rafforzarla, trovando un equilibrio fra l’indipendenza dei tribunali e il
primato democratico del parlamento. Chiedeva quindi di iniziare una trattativa
con l’opposizione, senza sospendere la strada parlamentare della riforma. Ma
l’opposizione ha rifiutato e le proteste non sono cessate. In particolare non
sono finiti i rifiuti delle chiamate per motivi politici dei riservisti delle
forze armate.
La posizione di Gallant
Questi rifiuti, anche se limitati di numero ma diffusi
soprattutto in settori delicati come l’aeronautica e i servizi cibernetici,
hanno allarmato il ministro della difesa Yoav Gallant, che li ha definiti un
gravissimo pericolo per la sicurezza del paese. Già giovedì circolava la voce
che Gallant si fosse deciso a chiedere una sospensione del processo di
approvazione parlamentare della riforma, secondo quel che pretende
l’opposizione per iniziare una trattativa, sperando con ciò di bloccare i
rifiuti dei riservisti. Netanyahu l’aveva incontrato e gli aveva chiesto di
soprassedere alla dichiarazione e di lavorare per scoraggiare con mezzi
disciplinari i rifiuti delle chiamate. Gallant aveva accettato di non rendere
pubblica la sua posizione, ma poi l’ha fatto con una dichiarazione sabato sera,
quando Netanyahu era ancora in missione a Londra. Ha quindi chiesto una
riunione del comitato di sicurezza del governo per discutere della sua
richiesta. Tornato d’urgenza, Netanyahu ha deciso di non convocare la riunione
e anzi di togliere a Gallant il mandato di ministro della difesa. La ragione,
secondo gli ambienti vicini a Netanyahu, non è la sua richiesta di sospensione
e tanto meno l’allarme lanciato, ma la sua incapacità di bloccare i rifiuti. Si
tratta di gesti, ha detto Netanyahu, che mettono in pericolo l’esercito e il
paese “oltrepassando tutte le linee rosse” e Gallant non li ha saputi o voluti
affrontare con la necessaria energia. Un atteggiamento di accettazione del
ricatto implicito al rifiuto del servizio militare è un precedente
pericolosissimo.
Che succede adesso
Non si sa chi sostituirà Gallant. Le voci parlano di Avi
Dichter, ex capo dello Shin Bet, l’agenzia di sicurezza interna di Israele e
ora deputato del Likud e ministro dell’Agricoltura, che si era allineato alla
richiesta di sospensione di Gallant, ma poi ha assicurato di essere disposto a
votare le leggi di riforma. L’ex ministro della Difesa e capo di stato maggiore
Benny Gantz, ora capo di un partito di opposizione, con cui Gallant a quanto
pare si era molto consultato negli ultimi giorni, ha chiesto a tutti i deputati
del Likud di rifiutare l’incarico, e lo stesso ha fatto Lapid; ma difficilmente
saranno ascoltati. Netanyahu avrebbe ancora la maggioranza parlamentare, anche se
Gallant passasse all’opposizione e pagando il prezzo del licenziamento del
ministro della difesa ha mostrato di essere ben deciso a portare aventi la
riforma.
Nuove proteste
Vi sono altri movimenti dell’opposizione, che pensa di avere
l’occasione di scuotere il governo. Le manifestazioni previste si sono
intensificate, è annunciata per oggi un annuncio di Arnon Bar-David, presidente
della Histadrut, il sindacato unitario tradizionalmente vicino alla sinistra,
che potrebbe lanciare uno sciopero generale. Più preoccupante è la notizia di
una convocazione della commissione esteri e difesa della Knesset, presieduta da
Yuli Edelstein, importante parlamentare del Likud anche lui dissenziente dalla
strategia di Netanyahu, che era stata richiesta da un altro capo
dell’opposizione, Avigdor Liberman. Va infine detto che c’è una petizione di
una ONG che ha chiesto alla Corte Suprema di incriminare il Primo ministro per
aver trasgredito la proibizione del Procuratore Generale che gli imponeva di
non parlare della riforma della giustizia, su cui sarebbe in conflitto di
interessi. Ma Netanyahu è abituato a combattere in minoranza le battaglie a cui
crede e questa volta non manca di alleati. La situazione è in movimento, ci
sono voci su una decisione di Netanyahu di sospendere la riforma. Un suo
discorso è atteso per questa mattina. Ma il rischio è che settori della
maggioranza non accettino questa soluzione e che quindi possa cadere il
governo, Nel frattempo però i due progetti di legge che dovevano essere
approvati questa settimana sono stati votati stamattina dalla commissione
giustizia della Knesset, il penultimo passo prima della loro ratifica.
La democrazia israeliana non è in pericolo
La situazione è certamente molto tesa, ma tutti si svolge
nei limiti della democrazia: le forze della maggioranza cercano di approvare
una legge secondo le procedure parlamentari, l’opposizione manifesta in piazza,
con metodi piuttosto estremi e talvolta discutibili, ma senza avvicinarsi alla
violenza che per esempio si vede in questi giorni in Francia. Anche il
licenziamento di Gallant fa parte delle procedure parlamentari previste dalla
legge israeliana. Chi fra i nemici di Israele si illude che il paese si stia
indebolendo, sbaglia, come dimostra la capacità di controllare l’ondata terrorista
e la rete di relazioni che Netanyahu sta tessendo in preparazione a un
possibile conflitto aperto con l’Iran. Certamente sarebbe più consolante la
concordia e l’unità, ma la storia di Israele è stata spesso attraversata da
aspri conflitti, che si sono risolti secondo le fregole della democrazia.
Israele è forte e non si sta certamente distruggendo.