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    Israele al secondo posto negli investimenti in proteine alternative nel 2022

    Secondo il rapporto pubblicato dal Good Food Institute Israel, organizzazione che cerca di promuovere la ricerca e l’innovazione nella tecnologia alimentare, lo Stato Ebraico si è classificato secondo, dopo gli Stati Uniti, negli investimenti su startup che si occupano di proteine ​​alternative, con oltre 454 milioni di dollari di capitale raccolti nel 2022.

     

    Gli investimenti in Israele rappresentano circa il 15% del capitale globale raccolto per il settore. Al terzo posto la Francia, con 184 milioni di dollari di investimenti, seguita da Singapore con 170 milioni di dollari. L’anno scorso il 60% degli investimenti nelle compagnie di food tech è andato a quelle legate proprio alle proteine alternative che comprendono: sostituti vegetali per carne, latticini e uova, latticini coltivati, carne e frutti di mare ottenuti da cellule e vari processi e prodotti di fermentazione.

     

    “Quello che abbiamo visto nel 2022 è che nel settore sta avvenendo una corsa globale alle proteine”, ha dichiarato al Times of Israel Nir Goldstein, amministratore delegato dell’organizzazione. “Abbiamo visto grandi paesi seguire il presidente Biden, che ha ordinato di mettere insieme una strategia per rafforzare le biotecnologie, comprese le proteine ​​alternative. La Cina ha una strategia quinquennale e paesi più piccoli come il Regno Unito e la Danimarca hanno effettuato investimenti significativi” ha sottolineato il CEO del Good Food Institute Israel, che si è posto questa domanda: quale sarà il futuro dello stato d’Israele nel settore? Secondo Goldstein, “Israele può sicuramente diventare un centro sia per la ricerca e lo sviluppo che per la produzione industriale”.

     

    Secondo quanto riportato nello studio fatto dal GFI, gli investimenti nel food tech in Israele sono stati i meno colpiti rispetto ad altri settori tecnologici. Mentre gli investimenti privati ​​nel settore tecnologico sono diminuiti del 42%, quelli nelle startup che producono proteine alternative sono diminuite del 20%.

     

    “Durante il 2021 e la maggior parte del 2022 la questione della sicurezza alimentare nazionale è diventata sempre più centrale a causa della crisi che abbiamo visto in Ucraina, la pandemia e l’influenza suina”, ha affermato Goldstein. “Abbiamo posto il problema ai governi e agli investitori, che ora sono alla ricerca di modi più resilienti ed efficienti per produrre proteine”, ha aggiunto.

     

    L’accordo più importante nel settore delle proteine ​​vegetali israeliane nel 2022 è stato l’investimento di 135 milioni di dollari in Redefine Meat, che fa prodotti a base di carne vegetale stampati in 3D, per finanziare le linee di produzione in Israele e nei Paesi Bassi, nonché estendere le collaborazioni con ristoranti e trattorie. Mentre il secondo più grande investimento è stato di 124 milioni di dollari per Remilk, uno sviluppatore di latte e prodotti lattiero-caseari senza animali.

     

    Come riportato dal Good Food Institute, molte delle tecnologie utilizzate nel settore sono basate sulla ricerca accademica. Le tecnologie alla base di due aziende israeliane più importanti, Aleph Farms e Future Meat, si fondano sulla ricerca di bioingegneria sviluppata dai rispettivi co-fondatori, la Prof. Shulamit Levenberg del Technion e il Prof. Yaakov Nahmias della Hebrew University di Gerusalemme.

     

    Sebbene le aziende israeliane nel settore continuino a espandersi, la maggioranza si sposta all’estero, secondo il rapporto GFI Israel. Goldstein ha suggerito che per affrontare le sfide future del settore in Israele è necessario un piano politico per la tecnologia alimentare e le proteine ​​alternative. “Per rimanere competitivi dobbiamo muoverci rapidamente e assicurarci di avere piani per il settore accademico e delle startup che stanno incontrando difficoltà a causa delle condizioni macroeconomiche” ha detto Goldstein. Goldstein ha proposto l’offerta di prestiti garantiti dallo stato per consentire alle startup di costruire nuove fabbriche. “Ciò consentirebbe alle startup di superare la relativa carenza di investimenti sostenuti da capitale di rischio nelle condizioni di mercato odierne”, ha aggiunto.

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