“Stiamo assistendo a veri miracoli. Abbiamo recuperato persone rimaste in vita sotto le macerie per oltre 90 ore. Non ho mai visto niente di simile”. Or Miller (43 anni), ha studiato medicina a Pavia, dove si è specializzato in urologia. Nella vita di tutti i giorni lavora in una clinica a Petah Tikva. Ma nove anni fa si è unito, come volontario, all’unità di salvataggio dell’esercito israeliano e dal 6 febbraio sta prestando soccorso a Kahramanmaraş, una città nel sud della Turchia pesantemente colpita dal terremoto. L’operazione di salvataggio si chiama “Ramo d’ulivo” ed è condotta da una delegazione umanitaria composta da 150 persone in servizio attivo e riservisti, di Tzahal e Pikud HaOref (la protezione civile) in collegamento con l’ufficio del Primo Ministro e il Ministero della Difesa israeliani.
Maggiore Miller, come si svolgono le vostre giornate?
Le nostre giornate qui non hanno le ore. Lavoriamo giorno e notte. Siamo divisi in due gruppi che si alternano. Raggiungiamo qualunque punto dove ci sia stata segnalata la presenza di persone potenzialmente ancora in vita e ci dedichiamo al salvataggio.
Quali mezzi avete a disposizione?
Abbiamo portato ogni tipo di tecnologia utile, come le sonde e le telecamere in grado di rilevare la temperatura dei corpi. Ma anche i cani.
Quante persone avete potuto salvare fino ad ora (venerdì pomeriggio, NdR)?
Siamo arrivati a 20 persone estratte vive dalle macerie. Ma nessuno sa quante persone possono esserci ancora lì sotto. I più fortunati sono rimasti imprigionati dentro spazi come camere che si sono formate nel crollo e che hanno conservato una temperatura più mite rispetto al freddo che c’è fuori, con il termometro che scende diversi gradi sotto lo zero, durante la notte. Alcuni sono precipitati con tutto il letto dove stavano dormendo, e questo li ha protetti.
Come reagiscono le persone, quando li tirate fuori da quell’inferno?
Sono sotto shock e non parlano, ma negli occhi c’è tutta la loro felicità e gratitudine.
Per quanto tempo resterete in Turchia?
Di norma una delegazione resta sul campo dieci, al massimo 14 giorni. Dopo questo tempo la speranza di soccorrere persone in vita praticamente si annulla. E sta al governo locale iniziare a demolire gli edifici a rischio per recuperare i cadaveri e avviare la ricostruzione.
Nel frattempo, ha parlato di salvataggi miracolosi. Quali sono quelli che racconterà a sua moglie e ai suoi 4 figli, quando tornerà a casa?
Non potrò scordare di aver trovato vivo un bambino di 2 anni. E un padre con la figlia di 10 anni, bloccati per 70 ore sotto un palazzo crollato. Per individuare e raggiungere la loro posizione esatta ci sono volute quasi 20 ore. E altre 3 ore e mezzo per estrarli. Tutto quello che facciamo, tutta la tensione e la fatica, sono ripagati dal momento in cui incrociamo lo sguardo delle persone mentre li carichiamo in ambulanza. È per quello sguardo che siamo pronti a lasciare su due piedi casa e famiglia. Non importa dove e non importa chi. Andiamo ovunque ci sia una vita umana da salvare.
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