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    Parashà di Yitrò: L’ebraismo non è una religione

    In questa parashà  viene raccontato come gli israeliti arrivarono alla falde del Monte Sinai all’inizio del terzo mese (Sivàn) dall’uscita dall’Egitto. Il sesto e il settimo giorno di questo mese celebriamo la festa di Shavu’òt, il giorno della rivelazione divina quando i nostri antenati ricevettero al Torà dal Sinai. 

    R. Eliyahu Benamozegh (Livorno, 1823-1900) nel suo scritto “Cinque conferenze sulla Pentecoste” (p.6) fa notare che la data del giorno in cui il popolo d’Israele ricevette la Torà sotto il monte Sinai non è scritta nella Torà.  Secondo il testo letterale della Torà la festa di Shavu’òt “È una festa campestre, agricola e nient’altro che agricola”. Nella Torà non viene fatta menzione che Shavu’ot è il giorno in cui ci venne data la Torà. È solo la tradizione che ce lo insegna. 

    R. Shimshon Refael Hirsch (Amburgo, 1808-1888, Francoforte) scrive (Collected Writings, Vol. 1, p.183) che a differenza delle altre feste, Shavu’òt nella Torà ha un solo giorno. Inoltre la festa di Shavu’òt, quando ci venne data la Torà,  non ha un simbolo che la contraddistingua a differenza delle altre feste comePèsach che ha la mitzvà di mangiare matzòt;   Sukkòt, con le mitzvòt di abitare nella sukkà e del lulàv; Rosh Hashanà con lo shofàr e Kippur con il digiuno. 

    R. Hirsch spiega che questo silenzio, questa mancanza di pompa e di simboli è intenzionale. Non vi è un simbolo per la Torà per lo stesso motivo che non vi è un simbolo per Dio: la Torà e una e unica come il suo Creatore. Egli aggiunge che La Torà non ha nulla in comune con altre leggi, insegnamenti, sistemi e istituzioni. È così unica che può essere paragonata solo a se stessa. È una cosa sui generis; non appena la si descrive con nomi e termini presi da altre sfere si falsifica l’essenza della Torà e si impedisce di capirla.

    Si usa chiamare la Torà “la religione ebraica” perché presso i gentili la parola religione descrive il rapporto dell’uomo a Dio o alle sue divinità. Ed è proprio la parola religione che rende difficile comprendere l’essenza della Torà. Tutti i popoli hanno un tipo di religione. Religione è la concezione che gli uomini hanno formato della divinità e del loro rapporto con la divinità. Le religioni dell’umanità sono quindi creazioni della mente e dello spirito umano. La religione è solo parte della vita culturale della nazione e da essa è condizionata. 

    Al contrario, la Torà non è stata emanata da uomini. È il messaggio di Dio del cielo e della terra agli esseri umani. La Torà è il messaggio dell’unico ed Eterno Dio.  

    Per lo stesso motivo spiegato da r. Hirsch, Alfonso Pacifici (Firenze, 1889-1983, Bene Berak), il più importante pensatore ebreo italiano del ventesimo secolo, citando il suo maestro rav Samuel Hirsch  Margulies  (Ucraina, 1858-1922, Firenze) scriveva che “ebraismo e religione non sono la stessa cosa”perché “l’ebraismo non è una religione ma qualcosa di infinitamente superiore”(Interludio, p. 188).

    Pacifici sosteneva quanto sia pericoloso usare la parola religione per l’ebraismo. “Quando da noi si dice religione vien fatto di pensare immediatamente alla religione cristiana […] che è predominante presso di noi”. […] “questo generico richiamo del cattolicesimo come religione tipo, porta con se molte analogie, confronti, rassomiglianze di concetti e istituti ebraici con concetti e istituti cattolici”.[…] “il rabbino è il prete degli ebrei, la sinagoga è la chiesa degli ebrei e le ore di studio idealmente dedicate ad onorare la memoria di un defunto diventano delle messe in suffragio, e così di seguito. […]. Ebbene s’insegni una buona volta col massimo coraggio che l’ebraismo non è una religione” (ibid. pp. 200-201).   

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