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    Terrorismo palestinese e regime iraniano, alla Camera le spiegazioni dello studioso israeliano Kobi Michael

    Gli ultimi mesi si sono caratterizzati per il proliferare di attentati palestinesi in Israele: ad analizzare le complesse dinamiche che si celano dietro a questo rifiorire del terrorismo è stata dedicata un’iniziativa istituzionale, che ha rilevato la regia dell’Iran in questa violenta azione anti-israeliana.

     

    Organizzata dal deputato di Forza Italia Andrea Orsini, la conferenza si è tenuta presso la Camera dei Deputati e si è potuta avvalere del contributo dello studioso israeliano Kobi Michael, ricercatore senior presso l’Institute for National Security Studies di Tel Aviv. Michael è stato anche vicedirettore generale e capo dell’ufficio palestinese presso il Ministero per gli affari strategici. L’incontro è stato organizzato da Oliver Bradley dell’EIPA – Europe Israel Press Association.

     

    “Ormai c’è una crescente consapevolezza, anche in parte del mondo arabo, dell’atteggiamento aggressivo dell’Iran atto a destabilizzare tutto il Medio Oriente – ha affermato Orsini. “In questo contesto gli Accordi di Abramo mostrano come da un lato Israele sia capace di costruire la pace con il mondo arabo, mentre dall’altro si rileva che nel mondo arabo c’è una crescente con consapevolezza della necessità di percorrere la strada della pace – ha aggiunto – Mi auguro che l’Autorità Palestinese partecipi in modo responsabile a questo processo”.

     

    Alla conferenza hanno partecipato anche l’on. Silvia Fregolent di Azione-Italia Viva e Simone Billi della Lega. “Tutelare Israele vuol dire tutelare la democrazia” ha dichiarato l’on. Fregolent sottolineando l’importanza di queste iniziative, attraverso le quali si può conoscere meglio la complessità del conflitto israelo-palestinese e capire che schema c’è dietro a quanto sta succedendo negli ultimi mesi. “Condanno fermamente il terrorismo” ha affermato l’on. Billi. “È un fattore non trascurabile il riconoscimento del diritto dello Stato d’Israele ad esistere” ha aggiunto.

     

    “Quella degli ultimi dieci mesi è una campagna terroristica, ben orchestrata e ben organizzata, che è gestita dietro le quinte dal regime iraniano” ha affermato Michael. Il fulcro di questa campagna è Jenin, città storicamente simbolo della lotta palestinese già dagli anni Trenta, ormai controllata dalla Jihad Islamica Palestinese, che ha visto nel vuoto di potere lasciato dall’ANP un’opportunità di controllo del territorio. Come ha spiegato il ricercatore israeliano durante la conferenza, questa organizzazione è una delle proxy dell’Iran nell’arena palestinese.

    La Jihad Islamica Palestinese è finanziata dal regime degli Ayatollah attraverso criptovalute e raccoglie altro denaro dal traffico di stupefacenti provenienti dalla Siria, un narco-stato secondo Michaeli, al quale fornisce anche il know-how per la produzione di armi ed esplosivi direttamente nei territori controllati dall’organizzazione terroristica palestinese.

     

    Perché tutto questo? “L’Iran vede se stesso come una potenza regionale e per questo è necessario avere l’egemonia di tutto il Medio Oriente. Chi ostacola questo progetto d’impero voluto dal regime iraniano? Israele, l’unico Paese che attualmente si batte attivamente contro gli iraniani” ha affermato Kobi Michael.

     

    Per indebolire lo Stato ebraico, secondo il ricercatore, l’Iran sta orchestrando un’ampia campagna di destabilizzazione che si muove contemporaneamente su cinque fronti: il Libano, la Siria, l’Iraq, lo Yemen e infine proprio l’arena palestinese, con Hamas e la Jihad Islamica. “I palestinesi si ritrovano ad essere delle pedine in una più ampia tavola di scacchi” ha sottolineato.

     

    Michael ha spiegato come, secondo lui, la situazione sia ormai fuori controllo e che per lo Stato ebraico il rischio sia quello di un ciclo di violenze. Cosa si può fare a livello internazionale per impedire che ciò avvenga? Secondo il ricercatore è necessario prima di tutto “condizionare i fondi destinati all’Autorità Palestinese a una responsabilizzazione della sua governance e a un blocco di tutte quelle cause portate dai palestinesi nei tribunali internazionali”. Ma innanzitutto è necessario che il mondo, e in particolare l’Unione Europea, sia molto più dura nei confronti dell’Iran, perché è una minaccia internazionale, le cui aspirazioni sono anche più ampie e profonde della sola egemonia regionale.

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