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    “Tre minuti” e un tragico destino

    Solo pochi giorni. Altri pochi giorni di oblio tra antichi cimeli dimenticati, e nulla sarebbe rimasto dei pochi sbiaditi fotogrammi di questo family movie su cui la storica Bianca Stigler ha ricostruito un raro percorso di memoria. Si tratta di “Tre minuti”, il titolo del documentario ma anche la durata di un documento storico ritrovato in Florida da un signore, Glenn Kurtz nel fondo di un vecchio armadio dei genitori. Il  film amatoriale fu girato nel 1938 dal nonno di Glenn, David, nella città polacca di Nasielsk, abitata prevalentemente da ebrei. Con la sua kodak 16 mm fiammante era tornato in vacanza in Europa, nella terra che aveva lasciato anni prima per emigrare negli States. Su quelle telecamere voleva fissare probabilmente immagini, sensazioni… scampoli del suo passato in Polonia. Attimi di nostalgia per le strade su cui non aveva più camminato, per gli amici con cui non aveva più giocato, o per i sapori che, da emigrante, non aveva più gustato… Lo fece, ma soprattutto affidò al futuro i volti, i sorrisi, insomma la vita quotidiana di una comunità che sarebbe stata travolta e distrutta dal furore nazista. E di certo la sua storia sarebbe stata consegnata al silenzio, non fosse stato per la 16 mm di David Kurtz.

    Ritratti preziosi e unici a cui Bianca Stigler, nel suo documentario cerca di restituire l’identità perduta. Come alla bambina con il cappottino rosso confusa tra la folla, che sembra una citazione da Spielberg, ma è assolutamente reale, perché  quello è l’unico colore che tra i fotogrammi consumati resiste all’offesa del tempo. E poi alle tante persone che dopo la preghiera del sabato, escono dalla Sinagoga destinata dopo poco alla distruzione. E persino ad un giovane volto, allegro e incuriosito dall’obiettivo che spunta all’apertura delle porte di legno di quel tempio, con l’intarsio del leone di Giuda. Con minuziosa analitica attenzione il filmino amatoriale viene sviscerato in ogni particolare. L’insegna di un negozio come il balcone di un palazzo. Visi di donne e di uomini. Attenti e indifferenti. E grazie alla testimonianza di Maurice Chandler, un sopravvissuto fortuitamente ritrovato, tanti dei bimbi festanti raccolti attorno al filmmaker improvvisato ritrovano il loro nome, la scuola frequentata e la rispettiva collocazione sociale, l’età, il carattere, l’attitudine di ciascuno ad aderire alle regole di comportamento dettate dagli anziani. All’epoca era uno di loro, racconta Chandler, un fortunato, tra quei sorrisi che arrivano dal passato e che furono ingoiati dalla Shoah. Un documentario che è lavoro di ricostruzione storica e afflato di umano rispetto.

    La vita, per quei “tre minuti”, sembra riprendere a Nasielsk, come fosse una vittoria sull’oblio. Una forza che arriva da lontano a rivendicare la sua preminenza sulla furia distruttrice. Il primato della memoria sulla rimozione.

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