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    Il digiuno del 10 di Tevet: origini, regole, significati

    Quest’anno il digiuno del 10 di Tevet cade martedì
    3 gennaio 2023. È un digiuno minore, legato all’assedio di Gerusalemme ad opera
    dell’esercito babilonese di Nabuccodonosor che culminò con la distruzione del
    Beth Hamikdash, il santuario di Gerusalemme, ma negli anni ha acquisito anche
    altri significati.
    Ne abbiamo parlato con Rav Ariel Di Porto che ci
    ha spiegato le origini, il significato e le regole.
     

    Perché si digiuna il 10 di Tevet?
    Il digiuno ha vari significati. Il primo, di origine biblica, è
    legato all’inizio dell’assedio babilonese, che sarebbe poi culminato, circa due
    anni dopo, nella distruzione del primo Santuario di Gerusalemme. Il popolo
    ebraico non diede ascolto agli avvertimenti dei profeti, in modo particolare di
    Yermihau. Il digiuno è esplicitamente ricordato nel libro biblico di Ezechiele.
    Nei componimenti poetici della giornata sono ricordati altri due eventi
    luttuosi: uno è la traduzione della Torà in greco ordinata da Tolomeo, che
    avvenne l’8 di Tevet. Quel giorno venne paragonato dai Maestri a quello in cui
    venne fatto il vitello d’oro. Potremmo chiederci cosa ci sia di male in questo,
    in fondo attraverso la traduzione molte più persone possono accedere al testo
    biblico. Nella traduzione greca c’era un problema di fondo. L’impresa, infatti,
    era ispirata da una volontà umana, che intendeva equiparare la Torà ai grandi
    testi della letteratura mondiale. Il terzo evento luttuoso è quello della morte
    di Ezrà lo scriba, che avvenne il 9 di Tevet. Ezrà fu colui che condusse il
    popolo ebraico in Israele dopo l’esilio babilonese, consolidando grandemente la
    vita ebraica attraverso strutture che sopravvivono sino ad oggi. Secondo altre
    affascinanti idee, che Rav Di Segni ricordava alcuni anni fa in un breve
    articolo, il 9 di Tevet ricorda la prima violenza che Ester subì dal re
    Assuero, o la morte del primo papa, Shim’on-Pietro. Il rabbinato di Israele ha
    aggiunto nel secondo dopoguerra un ulteriore significato, legato al ricordo
    delle vittime della Shoah. Viene difatti recitato un qaddish, una preghiera
    funebre in aramaico, per coloro di cui non si conosce la data di morte. Il
    10 di Tevet è sempre stata una data molto sentita dagli ebrei romani, che
    partecipavano in massa alla commemorazione che si tiene al bet ha-keneset nella
    tefillah di minchah. Purtroppo negli ultimi anni questo interesse è
    sensibilmente diminuito, e ciò dovrebbe farci riflettere.
     
    Che cosa ha significato l’azione dell’esercito di
    Nabuccodonosor per il popolo ebraico e perché ancora oggi si ricordano quegli
    eventi?
     
    In generale i digiuni rappresentano un’occasione per riflettere
    sulla nostra condotta. Se ci fossimo trovati al posto dei nostri predecessori,
    infatti, non ci saremmo comportati meglio. Si tratta poi di un’occasione per
    confrontarci con la nostra storia e il nostro destino. Con la distruzione
    del primo Tempio sono difatti iniziati gli esili del popolo ebraico, non ancora
    conclusi. Il 10 di Tevet rappresenta l’inizio di tutto. 
     
    Il 10 di Tevet è anche un giorno di ricordo e preghiera per le
    vittime della Shoah. Perché si è scelto questo giorno e qual è il collegamento
    con gli eventi che portarono alla distruzione del Tempio di Gerusalemme?
     
    La Shoah è una delle grandi tragedie della storia del popolo
    ebraico. Introdurre un digiuno in un’altra data sarebbe stato problematico, e
    per questo il rabbinato ha deciso di aggiungere un significato a un digiuno già
    esistente. In questo modo l’inizio della grande tragedia della storia ebraica
    antica viene collegato con la catastrofe che ha colpito il popolo ebraico nella
    modernità. Come disse Rav Huntermann, il giorno in cui ebbe inizio il primo
    churban (distruzione), doveva diventare il giorno in cui commemorare l’ultimo
    churban.  Credo che sia importante sottolineare che è il 10 di Tevet
    e non altre date, come il 27 gennaio o Yom hashoahweha-ghevurah, il giorno che
    il rabbinato ha dedicato al ricordo della Shoah.  
     
    Perché si tratta di un digiuno minore? Qual è la differenza tra i
    digiuni nell’ebraismo?
     
    Si tratta di un digiuno minore perché al pari di altri e a
    differenza di Kippur, non è ricordato nella Torà. Presenta poi delle rigorosità
    inferiori al digiuno del 9 di Av, che ricorda la distruzione dei due Santuari
    di Gerusalemme, e dura oltre 24 ore. Tuttavia, come abbiamo visto, il 10 di
    Tevet ha dei significati molto importanti. 
     
    Chi digiuna e quali sono le regole? 
    Il digiuno dura dall’alba fino all’uscita delle stelle. Bisogna
    affermare esplicitamente, la sera che precede il digiuno, di voler mangiare al
    risveglio, prima dell’alba. Durante il digiuno non è permesso mangiare, né
    bere; alcuni sono più rigorosi a aggiungono altre astensioni, come lavarsi e
    radersi. Sono tenuti a digiunare gli adulti, i maschi dai 13 anni e le femmine
    dai 12. Sono esentati dal digiuno i malati, le donne in stato di
    gravidanza, quante hanno partorito da poco, che allattano e più in generale i
    soggetti fragili. All’interno della tefillah nei diversi riti sono
    aggiunte delle particolari preghiere penitenziali. Nella ‘amidah i digiunanti
    aggiungono la formula ‘anenu (rispondici) nella sedicesima benedizione. Nella
    Torà si legge un brano, tratto dal libro di Shemot, nel quale vengono riportati
    i tredici attributi divini di misericordia. Nella tefillah di minchah si legge
    come hafatarah un brano profetico tratto dal libro di Isaia. Una particolarità
    di questo digiuno, che non riguarda quest’anno, è che può cadere di venerdì.

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