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    Commento alla Torà. Parashà di Pinechàs: a volte lottare per la pace richiede di rinunciare alla pace

    Alla fine della parashà precedente è scritto: “Israele si stabilì a Shittìm e il popolo cominciò a fornicare con le figlie di Moab.  Esse invitarono il popolo ai sacrifici offerti ai loro dei; il popolo mangiò e si prostrò davanti ai loro dei. Israele aderì al culto di Ba’al Pe’ore l’ira dell’Eterno si accese contro Israele. (Bemidbàr, 25:1-4 […].  Ed ecco uno degli Israeliti (Zimrì, capo della tribù di Shim’on) venne e presentò ai suoi fratelli una donna midianita (una principessa di Midian), sotto gli occhi di Mosè e di tutta la comunità degli Israeliti […]. Vedendo ciò, Pinechàs figlio di El’azar, figlio del kohènAharòn, si alzò in mezzo alla comunità, prese in mano una lancia, seguì quell’uomo di Israele nella tenda e li trafisse tutti e due […] (Ibid., 6-8).

    La parashàdi Pinechàs inizia con queste parole: “L’Eterno  disse a Mosè: Pinechàs, figlio di El’azàr, figlio del kohènAharòn, ha allontanato la mia ira dagli Israeliti, perché egli è stato animato dal mio zelo fra di loro, e io nella mia indignazione non ho annientato gli Israeliti. Perciò digli che Io stabilisco con lui un’alleanza di pace” (Bemidbàr, 25:10-12).

    R. Yosef Shalom Elyashiv (Lituania, 1910-2012, Gerusalemme) in Divrè Aggadà (pp. 314-317) commenta che quando un soldato compie atti eroici in guerra gli viene data una medaglia d’oro con il disegno di una spada. Nell’episodio qui descritto, Pinechàs uccise con la spada e invece di una medaglia con il disegno di una spada gli venne dato un patto di pace perché con la sua coraggiosa azione aveva riportato la pace nel popolo. A Shittìm si era creata una situazione nella quale venivano trasgrediti tutti i più gravi comandamenti: ‘Avodà Zarà (idolatria), immoralità e consumazione di cibo non kasher. E in  mezzo a quell’orgia Zimrì si presentò a Moshè come per chiedere il permesso di accoppiarsi con una midianita. Zimrì voleva fare così una nuova regola sulla cui base era permesso avere donne midianite e la tribù lo seguiva facendo così un partito di riformisti.  

    R. Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) in Mesoras Harav (pp. 204-5) commenta che un atto di violenza porta a un patto di pace solo quando colui che deve ricorrere alla violenza è senza alcun dubbio un uomo di pace come lo era Aharòn, nonno di Pinechàs. Per questo la Torà menziona che Pinechàs era figlio di El’azar e nipote di Aharòn, sul quale nei Pirkè Avòt (Massime dei Padri, 1:12) Hillel disse: “Sii discepolo di Aharòn, amando la pace, inseguendola, amando gli uomini e avvicinandoli alla Torà” (Trad. Joseph Colombo).  R. Soloveitchik aggiunge che sembra ironico che a Pinechàs fu dato il patto di pace e dellakehunà(sacerdozio) proprio dopo che aveva dimostrato il suo eroismo per fare cessare la ribellione. Non era più appropriato nominarlo generale dell’esercito piuttosto che kohèn? Ci sono persone che ritengono che il pacifismo sia la cura dei problemi umani e cercano di dimostrare l’immoralità della guerra sostenendo la causa del pacifismo. Zimrì aveva reso pubblico il suo comportamento immorale; con questo aveva indicato il suo disprezzo per Moshè e per l’autorità di Dio. Pinechàs si era giustamente reso conto che Zimrì era un cancro nel mezzo del popolo d’Israele che se lasciato  andare avrebbe distrutto tutto quello che era stato ottenuto sotto la leadership di Moshè. La lotta per la pace richiedeva quindi di rinunciare alla pace. Pinechàs non era attratto dal ruolo di usare la forza e di punire i peccatori. Lo fece con riluttanza convinto che solo in questo modo si poteva salvare il popolo. I Neville Chamberlain della storia fecero il tragico errore di pensare che si potesse fare la pace con coloro che negavano il valore e l’importanza dell’individuo. La pace non la si ottiene con l’arrendevolezza. Solo coloro che sono pronti a combattere per la pace e a rischiare la loro credibilità per la pace, meritano il patto di pace.

    Bil’am aveva detto al re Balàk: “Ti consiglierò su ciò che questo popolo farà (ya’assè) al popolo tuo alla fine dei giorni” (Bemidbàr, 24:14). R. Avraham Kroll in Bepikudekha Asi’cha (p. 322) scrive che la parola farà (ya’assè) in ebraico può anche essere letta “ye’assè” (diventerà). Questo per dire che accoppiandosi con moabite e midianite il popolo d’Israele sparirà perché diventerà come loro.  

    Pinechàs con il suo atto pose fine alla futura distruzione del popolo d’Israele.  

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