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    Parashà di Vayerà: Non si è malvagi senza essere contro gli ebrei

    Nella parashà precedente è raccontato che Lot, nipote di Avraham, aveva deciso di andare ad abitare nella opulenta valle del Giordano nonostante che la Torà testimoni che “….  la gente di Sodoma era scellerata e oltremodo peccatrice contro l’Eterno” (Bereshìt, 13:13).

                Rav Joseph Pacifici (Firenze, 1928-2020, Modiin Illit) in Hearòt ve-He’aròt (p. 15) commenta che Lot era ricco, ma la sua ricchezza non gli bastava. Aveva scelto l’opulenta città di Sodoma nella speranza di diventare ancora più ricco. Poi fu preso prigioniero durante la guerra dei quattro re venuti dalla Mesopotamia a far guerra contro i cinque re delle città della valle del Giordano. 

                R. ‘Ovadià Sforno (Cesena, 1475-1550, Bologna) commenta che un superstite venne da Avraham “ha-ivri” (l’ebreo) per dargli la notizia, perché sapeva che Lot, anche lui “ivri” condivideva le convinzioni religiose di Avraham.  Avraham  salvò Lot, lo liberò e gli restituì le sue proprietà. R. Pacifici aggiunge che se Lot avesse meditato su quello che era successo sarebbe tornato ad abitare in prossimità di Avraham. Restò invece a Sodoma e, quando la città fu distrutta, ne usci sì vivo, ma privo di tutto.

                 La distruzione di Sodoma avvenne poco dopo. Nella Torà è scritto: “E l’Eterno disse: «Poiché i clamori contro da Sodoma e Gomorra sono grandi e i loro peccati molto gravi, scenderò e vedrò: se realmente si sono comportati come il grido che da lei mi è pervenuto verrà la distruzione…»”  (ibid., 18: 20-21). 

                Rashì (Troyes, 1040-1105) commenta che le parole “come il grido che da lei che mi è pervenuto” si riferiscono alla città di Sodoma, oppure a una giovane donna che fu arsa al rogo per aver dato da mangiare a un povero affamato. Infatti nel Midràsh Pirkè de-Rabbi Eli’ezer (cap. 25) è raccontato che “a Sodoma annunciarono che la pena per chi offriva del pane a un povero, a un misero, o a uno straniero era di essere arso vivo sul rogo”.  

                Lot aveva imparato da Avraham la mitzvà dell’ospitalità e quando a Sodoma passarono la legge che a chi offre da magiare a un povero viene comminata la pena del rogo, continuò ad assistere i bisognosi di nascosto e di notte. Quando i due malakhìm (angeli) arrivarono a Sodoma verso sera, Lot insistette che venissero a casa sua. R. Pacifici commenta che Lot rischiò la vita per la mitzvà  dell’ospitalità. In un certo modo si può dire che Lot, rischiando la vita,  andò al di là di quello che fece Avraham. 

                R. Shimshon Nachmani (Modena, 1706-1779, Reggio Emilia) nella sua opera Zera’ Shimshòn (pp. 102-3) cita i maestri che nel trattato Sanhedrin (109a) raccontano che i cittadini di Sodoma istituirono anche una legge per impedire l’entrata di stranieri dicendo: “Perché abbiamo bisogno di passanti che vengono solo per spogliarci delle nostre proprietà?”. 

                R. Nachmani fa notare la problematica di questa affermazione. I viaggiatori aumentano il volume di affari nella città! Egli cita un altro midràsh (Bereshìt  Rabbà, 51:6) che si sofferma sulle parole “quando distrusse le città dove abitava Lot” (ibid., 19:29). Come è possibile dire che Lot abitava “nelle citta”?  Egli abitava solo a Sodoma! I maestri spiegano che Lot [aveva aperto una banca e] prestava a interesse agli abitanti di tutte le cinque città della valle del Giordano. Per questo i cittadini si lamentarono che i nuovi venuti venivano “a spogliarci delle nostre proprietà” per via dell’interesse che “l’ebreo” Lot faceva pagare per i prestiti che estendeva a chi aveva bisogno di finanziamenti. Lot aveva arricchito le cinque città finanziando i loro affari; ma i malvagi abitanti di Sodoma pensarono solo al costo dei prestiti.  

                È difficile prendere alla lettera questo midràsh. Forse è un modo in cui i maestri ci insegnano che non solo gli antisemiti sono malvagi, ma anche che non si può essere  malvagi senza essere contro gli ebrei.  

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