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    Abraham Yehoshua e quella grande storia d’amore con la scrittura e l’Italia

    Il 14 giugno di quest’anno ci ha lasciato una delle voci più autorevoli della letteratura israeliana: Abraham Yehoshua. I suoi romanzi, tradotti e amati in tutto il mondo, hanno permesso ad Israele di entrare nelle case di milioni di lettori diversi. Più volte candidato al Premio Nobel, lo scrittore israeliano, si è spento a Tel Aviv lasciando a tutti noi la sua preziosa eredità letteraria. Soprannominato “Alef Bet Yehoshua” nacque a Gerusalemme il 9 dicembre 1936, papà storico originario di Salonicco e mamma originaria del Marocco. Convinto ebreo sefardita fu sempre orgoglioso delle sue origini. Nel1956, combatté la guerra araba israeliana guidata da Moshe Dayan, laureandosi successivamente in Letteratura e Filosofia all’Università di Gerusalemme. Il suo esordio nella narrativa arrivò 1962 con una raccolta di racconti.  

     

    Una relazione d’amore duratura quella tra Yehoshua e la scrittura che lo portò a divenire l’autore amato che conosciamo oggi. Scrisse più di 13 romanzi, tradotti in più di venti lingue. Il fil rouge che lega le pagine dei suoi libri fu sempre l’esplorazione e la comprensione della famiglia in tutte le sue sfumature. Topos letterario che lo fece diventare una delle colonne portanti della letteratura israeliana negli anni Sessanta-Settanta imponendosi al pubblico internazionale con il romanzo “L’amante” uscito nel 1977 e pubblicato in Italia da Einaudi. È la storia di una famiglia israeliana, un mosaico di personaggi che si raccontano attraverso confessioni e rivelazioni e dialoghi interiori mentre il mondo circostante è in continua metamorfosi. Il libro venne ripreso e portato sul grande schermo da Roberto Faenza nel 1999. 

     

    La famiglia è lo stesso tema che Yehoshua usa nei romanzi: “Un divorzio tardivo” e il “Il signor Mani” pubblicati entrambi da Einaudi. Con “Il signor Mani”, ritenuto il vero capolavoro di “Alef Bet Yeoshua”, lo scrittore conquista il pubblico italiano creando un’opera che rappresenta una vera sperimentazione letteraria nella quale i cambiamenti sociopolitici e geografici riflettono i cambiamenti dei singoli membri della famiglia cavallo di sette generazioni. Una saga famigliare che si dipana a ritroso nel tempo descrivendo i protagonisti raccontati attraverso lo sguardo degli altri. 

     

    Tuttavia, dopo il successo internazionale la morte della moglie e del suo amico e collega Amos Oz, la tranquillità di Yeoshua subisce un importante battuta d’arresto, coadiuvata dalla scoperta di un tumore. Eppure, nonostante le avversità la scrittura continua ad essere un’amica fedele ma soprattutto una fonte di conforto. Così dall’amore che lo ha sempre legato all’Italia, nasce “La figlia unica”, sempre edito da Einaudi, il vero testamento spirituale dello scrittore. Ambientato per la precisione nel nord Italia, il romanzo narra le vicende di una giovane ragazza vicina al Bar Mitzvà in lotta con la sua identità. Un racconto toccante e incredibilmente attuale che cita con grande ammirazione “Cuore” di Edmondo De Amicis, il famoso romanzo italiano che veniva letto a Yehoshua dal suo papà quando era bambino.

     

     Domenica 18 settembre in occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica, promossa dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e a cura del Dipartimento Beni e Attività Culturali della Comunità Ebraica e dal Centro di Cultura Ebraica, nonché patrocinato dalla Comunità Ebraica di Roma, si tratteggerà il profilo di “Alef Bet Yehoshua” in un talk a lui dedicato dal titolo: “Abraham B. Yehoshua, il narratore di Israele”, con Lara Crinò, Wlodek Goldkorn, Fiamma Nirenstein e Ariela Piattelli.

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