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    Il rifiuto di gareggiare con atleti israeliani è puro razzismo

    In mezzo ai rischi dilaganti di guerra attizzati dall’Iran, all’armamento nucleare, all’organizzazione sistematica del terrorismo in tutto il Medio Oriente, alla feroce repressione interna, potrebbe sembrare un dettaglio insignificante, ma vale la pena di segnalarlo. “Il capo del comitato olimpico nazionale iraniano, Syed Reza Salehi Amiri, ha dichiarato al presidente della federazione internazionale Judo Marius Vizer che gli atleti iraniani non competeranno con gli atleti israeliani, secondo quanto riportato dall’agenzia Fars.” Con ciò l’Iran si ritira da un impegno che aveva preso a maggio, in cui lo stesso dirigente prendeva l’impegno a “rispettare pienamente la Carta olimpica e il suo principio di non discriminazione.” La motivazione è interessante: “Astenersi dal partecipare a gare con atleti del regime sionista è una punto di principio per il mondo musulmano, e gli atleti di 20 paesi si comportano secondo questo principio.”(https://unitedwithisrael.org/iran-olympics-rescinds-on-agreement-to-compete-with-israelis/) Su quest’ultima affermazione bisogna dar ragione ad Amiri. E’ vero, gli atleti di buona parte dei paesi islamici rifiutano (o sono costretti dai loro dirigenti a rifiutare) di competere con atleti israeliani, anche a costo di perdere l’incontro e uscire dai campionati. E’ un comportamento completamente contrario allo spirito dello sport, che non è mai avvenuto anche quando erano in atto conflitti politici e militari e perfino boicottaggi sportivi, come quello americano dalle Olimpiadi di Mosca nel 1980. Qui la questione è personale, gli atleti musulmani non vogliono entrare in contatto con gli ebrei. E’ la prova di qualcosa di peggio dell’odio: una disumanizzazione, un disprezzo, un’esclusione che si estendono alla compresenza fisica. Chi pensa che la guerra e il terrorismo che Israele subisce da un secolo siano una semplice questione di confini e di economia, farebbero bene a ripensarci.

     

    Ugo Volli

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