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    Affari di famiglia. Monoteismo, monogamia e proprietà privata

    È noto il fatto che il Cristianesimo sia stato, per molti versi, una sorta di orientalizzazione dell’Occidente e contestualmente abbia rappresentato l’occidentalizzazione dell’ebraismo. In questa prospettiva si può inquadrare la saldatura fra monoteismo, monogamia e proprietà privata in Occidente attraverso l’affermazione del Cristianesimo.

     

    Infatti, nella Bibbia è consentita la poligamia mentre, ad esempio, per i cattolici è prevalsa l’idea del rapporto monogamico e dell’indissolubilità del matrimonio. Tuttavia, non va dimenticato che, progressivamente, la monogamia è stata adottata anche dalle famiglie ebraiche, sia pur con differenze marcate, come tempistiche e modalità, da comunità a comunità. 

     

    Va ricordato che è sempre rimasto in vigore il ghet, ovvero la possibilità di divorziare (per utilizzare una terminologia contemporanea, impropria ma efficace). Dal tardo Medioevo si impose il maggiorascato, ovvero il diritto del primogenito di ereditare tutto il patrimonio familiare mentre il secondo figlio, in genere era avviato alla carriera militare oppure accedeva a quella ecclesiastica. Questo ovviamente valeva per le famiglie “ricche e nobili”; per quanto riguardava le donne, queste erano destinate ad un matrimonio all’altezza del lignaggio familiare oppure diventavano suore.

     

    Questa struttura si è formata durante il Medioevo ed è restata valida per una parte significativa dell’età Moderna fino alla sua crisi determinata dai forti cambiamenti politici, economici, sociali e culturali che decretarono la fine dell’Antico Regime.

     

    Non va dimenticato che in questo stesso arco cronologico si affermò lo Stato moderno attraverso il successo delle monarchie nazionali, come in Francia, Spagna e Inghilterra tra XV e XVI secolo, strutture centralizzate che tentavano di superare i “particolarismi” di matrice feudale.

     

    Perno fondamentale della formazione dello Stato moderno è stata la suddetta saldatura tra famiglia, strutture economiche e istituzionali

     

    Con l’età dei Lumi (XVIII secolo) fu rimesso in discussione il trittico perché la società capitalistica e borghese prevedeva il superamento dei modelli feudali e corporativi ancora persistenti anche all’interno di molte realtà statuali europee. Lo stesso concetto di proprietà privata si stava modificando radicalmente e ad esso si associava anche il rifiuto dei principi biblici a favore della “Ragione”.

     

    Successivamente, l’affermazione delle ideologie socialiste mise ulteriormente in discussione i modelli tipici dell’Antico Regime a favore di una società dove, tra l’altro, si faceva progressivamente strada l’idea dell’emancipazione femminile, già trattata in alcuni ambienti della borghesia coeva. Dunque, la famiglia tradizionale non aveva motivo di esistere e questo a favore di maggior libertà di scelta da parte degli individui il cui ruolo non era più ingessato all’interno di schemi prefissati. A questo si legava la negazione del sistema economico capitalistico e dello Stato borghese nel suo complesso a favore di un’idea di società senza proprietà privata e dove ognuno avrebbe agito “secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”, senza distinzione di genere, origine e cultura.

     

    Il Socialismo, inoltre, ereditava dall’Illuminismo il rigetto di qualsiasi impianto logico di matrice religiosa ritenuto “oppio dei popoli”.

     

    Nell’età Contemporanea all’interno dei diversi Stati occidentali questi fenomeni sono stati declinati in modo molto diverso fra loro e anche di recente gli stimoli verso forme alternative di società e, soprattutto, di famiglia, non mancano di certo.

     

    È questa una sfida anche per l’Ebraismo.

    Claudio Procaccia

    Direttore del Dipartimento Beni e Attività Culturali della Comunità Ebraica di Roma

    Foto di copertina è tratta dal volume “Come eravamo – per capire chi siamo” di Angelo Piperno.

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