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    Cosa ci sta succedendo?

    Si chiamava Alika Ogorchukwuch. Un nome difficile da ricordare, ma è quello di un uomo di 39 anni venuto dalla Nigeria dieci anni fa, un venditore ambulante che aveva appena ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno nella terra dove credeva di aver trovato un avvenire. Un sogno che diventa un incubo quando, nel pieno centro di Civitanova Marche mentre cerca di vendere quattro carabattole per sfamare la famiglia, magari una giraffa di legno o un braccialetto di conchiglie, trova il suo assassino. Perché questo è Fabrizio Ferlazzo, italiano doc, operaio di 32 anni che lo assale e lo uccide in un film d’orrore di 4 minuti ripreso dai telefonini di chi sta a guardare e filmare invece di pensare a fermare un omicidio. Gli avvocati di Ferlazzo chiedono la perizia psichiatrica e l’assassino chiede scusa. Pare che abbia piccoli precedenti e problemi di instabilità mentali. Ma un assassino ha sempre un disagio psichiatrico, altrimenti non ucciderebbe. E soprattutto smettiamola di escludere l’aggravante del razzismo. 

    “Ora voglio solo giustizia per mio marito” ha detto piangendo Charity Oriachi, la moglie di Alika rimasta sola con il loro bambino di otto anni, durante la protesta della comunità nigeriana raccoltasi sul luogo dell’omicidio. Lunedì il fermato comparirà davanti al gip. Contro di lui le tante immagini che riprendono il pestaggio e il racconto di due turiste: ‘il cittadino nigeriano chiedeva l’elemosina poi si è allontanato, lui lo ha inseguito, picchiato col bastone e poi a mani nude’. 

    “E’ la morte della pietà”, scrive la comunità di Sant’Egidio. “C’è chi ha anche filmato ciò che accadeva, qualcuno ha urlato contro l’aggressore, nessuno è intervenuto”. 

    Purtroppo, il razzismo in Italia è ormai una tragica normalità. Un mio amico mi racconta che in Basilicata un conducente di una corriera non fa salire a bordo un nero con regolare biglietto perché “non è nella sua lista”. Esiste una lista di chi ha i biglietti in una corriera? Dopo le rimostranze del mio amico arriva il collega dell’autista e dice: “mi scusi, sa è razzista”. Ma scusa lo dobbiamo chiedere al ragazzo che non veniva fatto salire sulla corriera. 

     Il razzismo inizia dall’indifferenza, questo insegna la storia e i libri, la famosa zona grigia del cervello di cui parlava Rita Levi Montalcini. Ci sono due romanzi fondamentali per comprendere questi presunti pazzi, nei due romanzi emarginati che sfogano la propria rabbia attaccando le minoranze più deboli che non si possono difendere. Sono L’uomo di Kiev di Bernard Malamud e Il buio oltre la siepe di Harper Lee. Ebbene, spero di vedere in tribunale tanti Atticus Finch, l’avvocato descritto nel capolavoro della scrittrice statunitense, stavolta non nella parte della difesa per un uomo nero accusato ingiustamente, ma in quella dell’accusa per un delitto certo come quello dei fratelli Bianchi nei confronti di Willy Montero Duarte e come quello di Fabrizio Ferlazzo nei confronti di Alika Ogorchukwuch. Perché il razzismo si può fermare: basta urlare e dire no. Solo così potremmo sperare che giustizia sia fatta e che magari domani qualcuno non pensi a filmare, getti il telefonino e fermi un assassino.

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