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    Un capolavoro tra i capolavori. Il Parochet Sonnino del Museo Ebraico di Roma in mostra a Napoli

    Ha da poco riaperto a Napoli la nuova sede de Le Gallerie d’Italia nell’edificio che fu del Banco di Napoli, progettato alla fine degli anni Trenta dall’architetto Marcello Piacentini. Quello partenopeo è uno dei poli culturali ed espositivi di Intesa San Paolo e presenta al pubblico anche parte delle collezioni del gruppo. L’occasione di una visita offre anche la possibilità di esplorare “La Fragilità e la Forza” (fino al 25 settembre), mostra conclusiva della XIX edizione di “Restituzioni”, un programma biennale dedicato a restauri di opere d’arte promosso e curato da Intesa Sanpaolo. 

     

    La mostra raccoglie ottantasette nuclei di opere, provenienti da tutte le regioni italiane, di diversa tipologia ed epoca: dalla statua del “Kouros di Rhegion” del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria al “Dinamismo di un corpo umano” (1913) di Umberto Boccioni proveniente dal Museo del Novecento di Milano. 

    Tra questi importanti pezzi si trova il Parochet Sonnino e la sua mantovana (già copribalaustra), donate alla Scola Siciliana nel 1835 che, come ricorda la direttrice del Museo Ebraico di Roma Olga Melasecchi, sono realizzati con “un tessuto molto importante e molto delicato per il quale già Daniela Di Castro z.l. aveva cercato, purtroppo invano, fondi per il suo recupero”. La giusta occasione arrivò nel 2018 quando la dott.ssa Alessandra Acconci (Soprintendenza Speciale Archeologica, Belle Arti e Paesaggio di Roma) suggerì a Olga Melasecchi di partecipare a “Restituzioni” e la proposta “vista l’alta qualità del manufatto fu apprezzata anche dal comitato del bando che ha accettato il nostro progetto”.

     

    Come per gli altri arredi delle Cinque Scole fu utilizzato un tessuto di seconda mano riadattato dalle ricamatrici ebree del ghetto. In questo caso uno scampolo seicentesco in seta avorio, ricamato con motivi vegetali, donato Shelomò Sonnino in ricordo del padre Shalom Chaim e di altri membri (nel catalogo edito da Skira vi è una scheda che descrive questo manufatto). 

    Quello in mostra è lo splendido risultato di un restauro condotto da Barbara Santoro in cui

    “la magnificenza dell’oro filato e delle sete colorate del suo ricamo – continua Olga Melasecchi – brillano alla luce sapiente dell’allestimento, dove con orgoglio possiamo ammirare il nostro capolavoro insieme ad altri capolavori”.

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