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    Sciolta la Knesset, Lapid guida il governo e Bennett si ritira

    Lo scioglimento

    La Knesset, il parlamento monocamerale di Israele,
    scioglie oggi la sua ventiquattresima legislatura dalla fondazione dello Stato,
    nel 1948. Lo fa essa stessa, secondo le regole della politica israeliana,
    approvando una legge di scioglimento, che è stata proposta dal governo in
    carica che ha perso la maggioranza. Le prospettive dell’opposizione di destra
    di costituire un altro governo con la stessa legislatura si sono rivelate irrealistiche
    ed essa ha accettato la proposta dell’ex maggioranza, anche in cambio della
    rinuncia di quest’ultima a cercare di approvare una legge che avrebbe
    squalificato Bibi Netanyahu dalla candidatura a primo ministro. Si apre così
    una campagna lunga, secondo le abitudini israeliane. Le elezioni sono previste
    per fine ottobre o per la prima settimana di novembre, dopo le feste ebraiche
    d’autunno. Saranno le quinte elezioni in poco meno di quattro anni:
    un’instabilità che preoccupa.

     

    Le conseguenze

    Lo scioglimento della Knesset fa scattare una clausola
    importante dell’accordo su cui si era costituito il governo. Si era deciso che
    Naftali Bennett, leader del partito Yamina (destra) sarebbe stato primo
    ministro durante la prima metà della legislatura, e che gli sarebbe succeduto
    Yair Lapid, leader del partito Yesh Atid (centro-sinistra); ma che in caso di
    scioglimento anticipato la rotazione sarebbe comunque avvenuta. Dopo
    l’approvazione della legge, dunque, Bennett si dimette e al suo posto Lapid
    prende la presidenza del governo in proroga, incaricato dell’ordinaria
    amministrazione fino alla soluzione della crisi. Un’altra conseguenza dello
    scioglimento è che tutte le leggi in sospeso sono prorogate fino alla prossima
    legislatura e fra esse anche quella per l’estensione di parte della
    legislazione israeliana in Giudea e Samaria, che è stato l’ultimo  e decisivo ostacolo nella traballante
    navigazione del governo.

     

    Le manovre politiche

    Naturalmente in un panorama politico estremamente
    frazionato come quello israeliano, dove ci sono tredici partiti rappresentati
    alla Knesset e il più grande, il Likud di Netanyahu, non è andato oltre alle
    ultime elezioni di 30 seggi su 120 della Knesset, le elezioni provocano una
    forte turbolenza politica: prospettive di alleanze, scissioni, nuovi partiti,
    nuovi leader. La prima vittima di questa turbolenza è stato lo stesso Bennett,
    che ha deciso di non candidarsi  alle
    nuove elezioni, lasciando la leadership del partito alla sua vice Ayelet
    Shaked, meno esposta di lui nel fallimento del governo e più propensa a far
    parte di una coalizione di destra, che con Yamina secondo gli ultimi sondaggi
    raggiungerebbe la maggioranza.

     

    Bennett

    La storia di Bennett meriterebbe di essere raccontata
    nei dettagli: servizio militare nelle formazioni combattenti di élite; grande
    successo imprenditoriale nelle nuove tecnologie; ritiro dagli affari per
    dedicarsi alla politica; presidente del consiglio regionale di Giudea e Samaria
    (le zone oltre la linea verde); braccio destro di Netanyahu per qualche anno;
    poi una separazione molto dura da lui, che ha lasciato tracce fino ad oggi;
    fondazione di Yamina, marcata da numerosi conflitti interni alla destra; il
    servizio non lungo ma significativo come ministro della difesa; la scelta di
    uscire dalla coalizione di destra per costituire un ministero molto eterogeneo
    con l’estrema sinistra e anche un partito arabo islamista; il suo fallimento
    annunciato da tempo; e ora il ritiro dalle elezioni, forse anche dal ruolo
    pattuito negli accordi di governo di “primo ministro alternativo” e ministro
    degli esteri; probabilmente l’abbandono della politica, provvisorio o
    definitivo.

     

    La situazione internazionale

    Lapid dovrà far fronte a molti problemi e opportunità:
    la crisi sempre acuta con l’Iran, quella in via di approfondimento con la
    Russia, il terrorismo palestinese che ha rialzato la testa, la possibilità di
    estendere in qualche modo all’Arabia Saudita e di consolidare i “patti di
    Abramo”. Il primo appuntamento importante che lo aspetta è la visita di
    Bennett, confermata nonostante la crisi, che si svolgerà fra due settimane. In
    politica estera, come in politica interna, per Israele questi sono tempi
    turbolenti, in cui le opportunità si mescolano a problemi. Bisognerà seguirla
    da vicino.

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