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    25 aprile, una polemica noiosa

    “Ormai è diventata noiosa”, così la presidente della comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello boccia la polemica con l’Anpi per il corteo della Festa della Liberazione. “Noi pensiamo che sia fondamentale preservare la storia della Resistenza e i valori fondamentali delle donne e degli uomini che hanno combattuto per liberare l’Italia dal nazifascismo”, dice Dureghello. “Oggi abbiamo un problema però, perché l’associazione che avrebbe dovuto tutelare la memoria dei partigiani italiani è nelle mani di chi ne rivendica un’eredità che non gli appartiene. È un problema dell’Italia però, non solo della Comunità ebraica di Roma. È evidente che in mancanza dei partigiani che ormai hanno un’età avanzata o non ci sono più, nessuno abbia diritto a parlare a nome loro”.

     

    “Le questioni sul tavolo sono sempre le stesse: no a vessilli di chi era alleato con i nazisti. È curioso – spiega Dureghello – che nella conferenza stampa dell’Anpi si sia detto no alle bandiere Nato e sì a quelle palestinesi. Vuol dire che esiste un tema non solo d’incoerenza, ma anche di strumentalità politica”. Se il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo vuole mandare un segnale dica no a quelle bandiere e faccia porre delle scuse al presidente dell’Anpi Roma che in una manifestazione chiese la liberazione dei terroristi palestinesi che avevano ucciso civili israeliani. Non si può essere per la pace a giorni alterni e sul terrorismo non possono esserci ambiguità”.

     

    Ambiguità sottolineata anche dal veterano dell’esercito inglese Harry Shindler, 101, membro onorario dell’Anpi che su Repubblica ricorda la Brigata Ebraica: “Hanno combattuto al mio fianco sulla Linea Gotica. Me li ricordo benissimo, eravamo una banda di fratelli nell’inferno della battaglia di Rimini, o negli scontri sul fiume Senio. Hanno versato il proprio sangue per liberare l’Italia e non capisco come si possano fischiare e contestare durante le manifestazioni del 25 aprile. Erano gli arabi a stare con Hitler, L’ho sempre detto a quelli dell’Anpi, però ho l’impressione che ormai essendo rimasti in pochi di noi che c’erano davvero, siano parole perse nel vento. Io tra qualche anno non ci sarò più, ma se andiamo avanti così temo che sparirà anche la festa del 25 aprile”.

     

    Sempre su Repubblica, interviene anche Davide Romano, direttore del Museo della Brigata Ebraica. “Ci sono divisioni, purtroppo sui valori della democrazia e della libertà – dice Romano. “Sull’Ucraina vediamo che ci sono anche posizioni diverse dalla mia, per esempio di chi si dichiara equidistante tra un Paese democratico aggredito e un dittatore come Putin che ordina l’invasione di un Paese libero. Insomma, non si può far finta di non notare che c’è chi non riesce a prendere una posizione chiara e netta al riguardo”. Romano si riferisce ad “una parte dell’area antagonista e purtroppo, anche se in maniera più ponderata e moderata, anche all’interno dell’Anpi ci sono posizioni poco chiare. Parlo soprattutto dell’Anpi romana e nazionale”.

     

    Il presidente dell’Anpi nazionale Pagliarulo risponde che manderà una lettera a Ruth Dureghello per chiederle un incontro. “Subiamo una dolorosa divisione che dura al 2014”, aggiunge il presidente romano, Fabrizio De Sanctis. È ora di cominciare a chiedersi perché dopo che Carlo Smuraglia, 99 anni, uno che il partigiano l’ha fatto veramente non come Pagliarulo, nato nel 1949, o De Sanctis, ha accusato l’Anpi per aver criticato gli aiuti militari dell’Italia a Kiev perché la nostra resistenza è diversa da quella del popolo ucraino. “Un popolo che resiste contro l’invasore va aiutato, anche con le armi”. Un concetto semplice che viene ricordato nel canto per eccellenza della Resistenza: “Bella Ciao”. Solo l’Anpi non l’ha capito.

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