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    Solidarietà e sensibilità nell’accoglienza dei rifugiati dall’Ucraina

    In Italia sono già arrivati 83.100 rifugiati dall’Ucraina: 42.879 donne, 8.551 uomini e 31.670 bambini. Numeri in continua crescita secondo i tweet del Viminale. Con l’arrivo di cittadini ucraini in fuga dalla barbarie della guerra, si è subito dispiegata una vitale solidarietà e generosità nei confronti di chi suo malgrado ha dovuto abbandonare il proprio paese. In tanti hanno deciso di aiutare e talvolta anche di aprire le proprie case ai rifugiati. Per ospitare ci si può rivolgere ad associazioni del Terzo settore o ad enti religiosi. 

    «Sono un’assistente sociale di un ente privato che collabora e lavora in rete con il territorio. In questo periodo abbiamo visto una grande vicinanza della Comunità ebraica alle iniziative a favore del popolo ucraino, oltre all’importante presenza israeliana, soprattutto per l’apertura ai cittadini portati in salvo in Israele» racconta Fiorella Calò, che dal 2019 lavora alla Deputazione Ebraica di Assistenza e Servizio Sociale della Comunità Ebraica di Roma. L’ente, nel corso della sua storia, si è interessato ad alcuni flussi migratori, ad esempio dalla Romania, dall’Iraq, dall’Egitto, dalla Libia. «L’arrivo di rifugiati ucraini in fuga dalla guerra è un tema che mi colpisce molto, un po’ per la funzione del servizio sociale, un po’ per i valori ebraici, strettamente connessi a quelli di solidarietà e di sostegno verso il prossimo. Mi colpisce come si sia attivato il mondo, l’Italia, Israele, ma anche la Comunità Ebraica di Roma». 

    Chi volesse aiutare può contattare anche la stessa Deputazione Ebraica: «Se ad una persona risulta più facile rivolgersi prima a noi, il nostro lavoro è anche quello di guidare una persona a orientarsi nei servizi esterni», racconta Fiorella che in questo periodo nota una grande solidarietà. «Arrivano telefonate anche da persone in difficoltà che chiedono: cosa possiamo fare? Come possiamo aiutare? Se serve posso preparare anche un piatto di pasta per i rifugiati». 

    Qualora si volessero ospitare persone rifugiate in Italia, è importante ricordarsi che «allontanandosi dalle proprie abitudini quotidiane, dalla propria vita, ci possono essere problematiche di depressione, di destrutturazione rispetto alla propria situazione precedente. Si devono considerare anche le sofferenze rispetto a quello che hanno lasciato per scappare. Spesso sono rimasti in Ucraina mariti, parenti o altre persone care», spiega Ester Pace, assistente sociale che lavora alla ASL Roma 2, soprattutto al dipartimento di salute mentale, oltre che come consulente del Pitigliani. 

    Mettersi a disposizione per fornire aiuto è importante ma, soprattutto, se non si ha alcuna esperienza, è necessario «iniziare a collegarsi con la rete dell’associazionismo. Non farlo da soli. C’è già una organizzazione pronta, predisposta. È importante farsi guidare. Ci sono esperti che fanno capire esattamente cosa bisogna mettere in atto da un punto di vista emotivo e del comportamento» secondo Pace, che precisa che: «Ci sono famiglie che sono preparate per fare questo, che sono già pronte all’accoglienza. Va creato un supporto per tutti, anche per la famiglia che accoglie. È una forma di convivenza. Ci sono famiglie che già lo hanno fatto anche in altre situazioni. Non si deve tralasciare nessun aspetto. Io lavoro più sulla psichiatria e abbiamo avuto situazioni a volte anche con straniere che sono arrivate nei nostri servizi. Le abbiamo accolte e integrate all’interno del servizio in relazione alle varie attività che svolgiamo. C’è sempre un collegamento con la rete di servizi sociosanitari in questo caso».

    Ci sono anche tanti bambini soli e «in genere si dovrebbe capire quello che ha vissuto il bambino, quello che ha vissuto la famiglia, la loro vita di prima e fargliela raccontare, cercare di tirare fuori il vissuto, anche gradualmente, a seconda del momento. Magari appena arrivano c’è un bambino un pochino più chiuso o uno che sente subito di voler esprimere delle cose. Quindi si deve cercare di capire anche un po’ gradualmente la singola situazione».

    Sia Calò che Pace sulla base della loro esperienza sottolineano l’importanza del coinvolgimento della Comunità ucraina già presente in Italia «per fare con loro un lavoro di accoglienza, di mediazione culturale, della lingua» specifica Pace. 

    Nella quotidianità è importante avere tanta sensibilità: «ad esempio, bisogna ricordarsi della centralità della dignità dell’aiuto (se si vogliono ad esempio donare vestiti, questi devono essere in buone condizioni). Si deve anche dare tempo alle persone. È importante ricordarci che in molti lasciano mariti, fidanzati, padri, fratelli. Confido nella sensibilità delle persone» afferma Calò, che ribadisce l’importanza di rivolgersi sempre ai canali ufficiali per avere informazioni affidabili e aggiornate.

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