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    “Amare ciò che si insegna”. Il ricordo del Morè Moshè di Milena Pavoncello

    Esistono figure storiche della comunità ebraica di Roma che rimangono impresse nella memoria collettiva, come quella del morè Moshè Mario Piazza o Sed. Una persona che ha saputo lasciare l’impronta del suo passaggio, grazie alla profonda dedizione all’insegnamento dell’ebraismo e all’amore per Israele, per cui andò a combattere nella guerra del 1948.

    A quarant’anni dalla sua scomparsa, avvenuta nel 1982, sono stati in molti coloro che hanno voluto omaggiare la sua memoria, rammentando non solo l’uomo, ma anche il maestro che è stato per tutti. Milena Pavoncello, attuale direttrice della scuola elementare ebraica Vittorio Polacco e media Angelo Sacertodi, è stata sua allieva e lo ricorda come “una persona dolcissima, che amava il suo lavoro in un modo incredibile; sapeva appassionare e trasmettere insegnamenti in maniera molto efficace. Lui, che non aveva avuto figli, considerava noi allievi come tali”.

    La sua gentilezza e l’attenzione verso il prossimo hanno stimolato giovani e adulti ad avvicinarsi alla Torah e ad apprendere i precetti religiosi con passione e determinazione. “Credeva molto nei suoi allievi, verso i quali nutriva un grande affetto. Era molto attento alle esigenze di ognuno di noi. Mi disse che da grande avrei dovuto insegnare e alla fine così è stato: era veramente lungimirante”.

    Il morè Moshè rappresentava un maestro in grado di essere punto di riferimento per le generazioni future, con le quali ha instaurato un rapporto di profondo rispetto e benevolenza. “Un anno, portai i miei figli al tempio per la benedizione dei bambini. Non potendo salire in Tevà, il morè Moshè li venne a prendere per dargliela lui stesso”. Rimarranno le sue parole ed il suo retaggio culturale negli adulti di oggi, a cui ha insegnato che “si trasmette molto di più se si ama ciò che si insegna”.

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