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    Donne del ghetto. L’arte sublime del ricamo

    Durante l’Era del ghetto gli ebrei erano tenuti fuori del sistema delle corporazioni di mestiere e non potevano lavorare in moltissimi settori dell’economia di Roma. Tra questi, vi era quello appannaggio degli Argentieri degli Orefici e, di conseguenza, molti degli oggetti donati dalle famiglie più facoltose della comunità di Roma alle proprie sinagoghe di appartenenza furono realizzati da artigiani cristiani su richiesta di committenti ebrei. 

    La ricchezza degli arredi delle cinque scole (le cinque sinagoghe del ghetto: Catalana, Castigliana, Nova, Tempio e Siciliana) strideva con la diffusa povertà tra gli ebrei dell’epoca. Ciò era dovuto al fatto che le poche famiglie benestanti (banchieri e mercanti) mantenevano i poveri attraverso il sistema delle confraternite e acquistavano per i luoghi di culto oggetti di pregio a testimonianza di come le sinagoghe rappresentassero un luogo chiave dell’identità ebraica coeva, un collante per i membri appartenenti a tutti i ceti sociali. 

    Molti ebrei all’epoca lavoravano nel settore degli oggetti usati, incluso quello dei tessuti. Un censimento del 1868, conservato presso l’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma, registra un numero significativo di donne dedite alla sartoria (le “cucitrici”) alcune delle quali conducevano botteghe artigiane in proprio, spesso a causa del decesso del marito (tab. 1).

    Fonte: S. CAVIGLIA, Vita economica e sociale degli ebrei romani dall’emancipazione (1870) agli inizi del XX secolo, “Rassegna mensile di Israel”, LII, 1986, 1, pp.117-136, p. 127.

    *La tabella è una nostra estrapolazione.


    Tra queste vi era Stella Supino che aveva ottenuto la licenza di “giubbonara” (fig. 1) e nel censimento risulta classificata come “cucitrice”.

    Fig. 1 Licenza di giubbonara intestata a Stella Supino. Fonte: ASCER, 2Sa, UER, ES, Licenze, Giubbonari, 1863.

    Fig. 2 Registrazione della data di nascita e della professione di Stella Supino. 

    Fonte: ASCER, UER, Stato Civile di questa Università Israelitica di Roma 1868, 5 registri, Scuola Catalana, p. 84, n. reg. 152.

    Le condizioni di lavoro erano difficili e spesso l’attività era svolta fuori delle botteghe e dalle case per approfittare delle ore di luce naturale, piuttosto ridotte durante il periodo invernale (fig. 3).

    Fig. 3 E. Roesler Franz, Via della Fiumara, Museo di Roma. Copia del Fondo Fornari dell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma.


    Perciò, moltissimi dei miei meravigliosi arredi delle Cinque Scole conservati presso il Museo Ebraico di Roma (fig. 4) sono manufatti realizzati proprio da queste anonime ma importantissime lavoratrici che hanno contributo a rendere le antiche sinagoghe del ghetto un luogo speciale e di grande significato che solo una stolta concezione di modernità ha determinato la loro demolizione nel 1908.

    Fortunatamente, dal secondo dopoguerra la progressiva valorizzazione del patrimonio culturale della collettività ebraica capitolina consente oggi di apprezzare molti di quei tesori e di quelle straordinarie vicende di vita.

    Fig. 4 Uno dei bellissimi tessuti conservati presso il Museo Ebraico di Roma.

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