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    Beth Cholim. L’ospedale Israelitico di Roma dalle origini al termine del secondo conflitto mondiale

    La genesi dell’Ospedale Israelitico di Roma

     

    Negli anni immediatamente successi la fine dell’Era del ghetto, accanto alla Ghemilut Chasadim (In ebraico, “Opere Pie”, altrimenti detta Hesed Vemet, anche detta Compagnia della Carità e della Morte), operava la confraternita Bikkur Cholim (Visita degli ammalati), che si occupava sostanzialmente dell’assistenza religiosa. Dopo il 1870, a queste due strutture si aggiunse la compagnia Zedaka’ Va-Chesed (Giustizia e Misericordia), che vide tra i suoi sostenitori Pellegrino Pontecorvo, Angelo Mortera e Vitale Campagnano. Ciò fu la premessa alla fondazione dell’Ospedale Israelitico poiché la confraternita aveva tra i suoi obiettivi principali quello di individuare una sede adeguata al ricovero degli ebrei malati gravi e privi di possibilità di sostenere le spese sanitarie. A questo scopo – il 28 settembre 1881 – nacque la già citata Associazione di via Fiumara 26 per il ricovero di ammalati poveri.

    Alla creazione dell’Ospedale contribuì in modo decisivo il lascito di Emanuele di A. V. Modigliani, finalizzato alla realizzazione di un’istituzione che operasse a beneficio degli ebrei appartenenti alle classi meno abbienti della Capitale. A questo fine fu composta una commissione formata da Alberto Funaro, Presidente della Società dei piccoli commercianti e dell’Associazione di via Fiumara, con Angelo Tagliacozzo, Presidente della Società israelitica di soccorso agli ammalati, Ezechia Castelnuovo, Raffaele Prato e Giuseppe Della Seta (questi ultimi due appartenenti al Consiglio dell’Università Israelitica, ovvero la Comunità Ebraica di Roma secondo la denominazione coeva). Il primo risultato concreto indirizzato alla creazione della nuova struttura di assistenza sanitaria fu la fusione tra l’Associazione di via Fiumara 26 per il ricovero di ammalati poveri e la Società israelitica di soccorso agli ammalati (Zedakà Va-Chesed) che portò alla nascita dell’Ospedale (1881), la cui consistenza patrimoniale crebbe nel corso dei decenni successivi, sia pur lentamente, grazie allo scioglimento di alcune confraternite ebraiche che fecero confluire parte dei loro beni nel patrimonio del nuovo istituto. 

    L’assenza di personalità giuridica dell’Ospedale creava enormi problemi alla nuova struttura nella gestione diretta delle offerte e dei lasciti. Infatti, per trasformare l’Istituto in corpo morale ai sensi della legge sulle Opere Pie varata nel 1862, l’Ospedale doveva disporre di un fondo patrimoniale adeguato al mantenimento dei ricoverati. Pertanto, nel 1889 la struttura si dotò per il suo funzionamento interno di un primo statuto che rappresentò lo schema di riferimento per quello successivo del 1911. In ogni caso, va segnalato che le ristrettezze economiche erano ancora molto forti e solo nei primi del Novecento l’Ospedale ebbe a disposizione rendite fisse tali da poter chiedere alle autorità italiane l’erezione in ente morale in base elle leggi all’epoca vigenti. Come già accennato, le nuove norme statutarie furono approvate con regio decreto 21 maggio 1911.

    Nell’arco di tempo compreso tra il 1881 ed il 1911, Samuele Alatri, Presidente dell’Università Israelitica, ed Angelo Tagliacozzo ottennero dall’allora sindaco Luigi Pianciani, la possibilità di trasferire l’Ospedale nei locali presenti nel fabbricato contenuto nell’ala sinistra del vecchio convento di S. Bartolomeo, sito sull’Isola Tiberina. Il trasloco fu effettuato nel 1884. Nello stesso sito fu poi collocato anche il “Ricovero per israeliti poveri e invalidi” (1887).

    L’Ospedale Israelitico svolgeva un’importante funzione per gli ebrei di Roma, fornendo un’assistenza che rispondesse anche alle necessità spirituali, anche sottraendoli ai rischi di pressioni di carattere conversionistico da parte del personale in servizio presso altri ospedali, fenomeno quest’ultimo che era un chiaro retaggio del ghetto duro ad essere superato. 

     

    L’ospedale durante il fascismo

     

    La nascita e l’evoluzione della nostra struttura ospedaliera furono il risultato della collaborazione tra ebrei facoltosi appartenenti alle famiglie storiche del ghetto e delle nuove élite formate da persone provenienti da altre parti della Penisola.

    Nel 1921 fu nominato presidente dell’Ospedale Angelo Di Nola, di origini romane, e ciò rappresentò una svolta importante per le sorti dell’Istituto, che diresse sino al 1941. Infatti, ottenne importanti risultati dal punto di vista della raccolta dei finanziamenti e del riassetto complessivo dell’Istituto anche in considerazione del fatto che nell’arco di tempo della presidenza di Di Nola le condizioni generali degli ebrei e di conseguenza dell’ospedale erano peggiorate notevolmente. Infatti, la crisi economica degli anni ‘30, le Leggi Razziali, la guerra – cui fecero seguito dalla fine del 1943 le persecuzioni nazifasciste – concorsero non poco a ridurre le libere contribuzioni; di fatto, dalla metà degli anni ’50 del Novecento, la maggioranza delle entrate dell’Ospedale derivava dai lasciti. 

    Per quanto riguarda il periodo dell’occupazione di Roma, vanno ricordati alcuni episodi cha hanno interessato l’Ospedale e l’Isola Tiberina nel suo complesso. Va menzionata in particolare l’opera di Dora Focaroli, infermiera dell’Istituto dal 1934, che dal 16 ottobre 1943 fino alla liberazione nascose gli ebrei ricoverati anche trasferendoli al vicino ospedale Fatebenefratelli, dove furono accolti e protetti dal personale interno. Un’altra struttura ospedaliera che va citata è quella del S. Camillo, che a sua volta nascose gli ebrei cercati dai nazifascisti. Tutt’altro che secondaria fu, altresì, l’opera spirituale di Rav David Panzieri che, all’interno delle strutture dell’Ospedale, mantenne l’oratorio dell’Istituto (oggi Oratorio “Panzieri-Fatucci”, quest’ultimo ucciso alle Fosse Ardeatine, anche detto “Tempio dei Giovani”) aperto anche durante le persecuzioni. Tale fenomeno rappresentò un caso raro, se non unico, di attività di culto ebraiche rimaste attive e operanti nonostante la presenza dei nazisti sul territorio. 

    Con la liberazione di Roma del 4 giugno 1944 si ritornò progressivamente alla normalità. Ciononostante, nell’immediato dopoguerra il numero dei poveri era elevato e solo dalla seconda metà degli anni ’50 si registrò una ripresa importante in relazione alla fase iniziale di decollo economico dell’Italia, tipica di quel periodo.

     

    Nota: il presente contributo è una sintesi di una parte della ricerca voluta dalla dirigenza dell’Ospedale Israelitico e realizzata dallo staff all’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma (ASCER). Il lavoro è il frutto della cooperazione tra diversi studiosi quali: Maria Rosa Protasi, Manuela Militi, Giovanna Grenga e Celeste Pavoncello Piperno e Silvia Haia Antonucci.

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