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    “Attenzione, possiamo essere tutti come Whoopi Goldberg sui social media” – La riflessione del WSJ

    È apparsa, in un recente editoriale del The Wall Street Journal, un’interessante riflessione di Rebecca Sugar, sulle preoccupanti dichiarazioni dell’attrice statunitense Whoopi Goldberg. La Goldberg si trova infatti nell’occhio del ciclone a causa di alcune frasi pronunciate nel programma televisivo “The View” sulla Shoah, secondo cui l’immensa tragedia, non riguardava la “la razza ebraica, in quanto anche gli ebrei sono bianchi” bensì la “disumanità dell’uomo nei confronti dell’uomo”.

     

    L’offesa dell’attrice, secondo le riflessioni del The Wall Street Journal, deriverebbe meramente dal fatto che la signora Goldberg si sia trovata semplicemente ad essere una celebrità davanti al suo pubblico. Come molte altre star nella sua posizione, l’essere ospite e parlare di una tragedia immane come quella che fu la Shoah, non è una responsabilità storica e sociale ma una ghiotta opportunità. Parlare perché si può e non perché si conosca il tema su cui si sta disquisendo. Eppure, tutta questa situazione di bufera mediatica aiuta a riflettere su un grave dilemma dei nostri tempi: i social media. 

     

    In un certo senso, chiunque sia provvisto di account Twitter, Instagram o Facebook, ma anche chi ha modo di parlare ad un’aula piena di studenti, ad un programma radiofonico, piuttosto che in uno show televisivo, si può arrogare il permesso di poter esprimere la propria opinione su temi che necessitano uno studio approfondito, come ad esempio la Shoah.  La nostra intera cultura è ormai fondata sull’idea che chiunque possa dire qualsiasi cosa con un pubblico che presta attenzione. Allora significa che ognuno è Whoopi Goldberg nel suo piccolo e questo fa paura, perché lo stereotipo si crea, si insinua e si diffonde in maniera virale, causando ignoranza. Ed è proprio l’ignoranza che conduce ai pregiudizi e da lì il passo per l’antisemitismo è tristemente troppo breve.

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