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    Scoperta una lettera di 500 anni scritta ad Ari Hakadosh

    Il Coen del tempio italiano di Gerusalemme, Ezra Gordetzky, era impegnato nel laborioso passatempo di restaurare le rilegature di libri antichi, da cui uscivano interessanti documenti. Purtroppo il Covid se lo è portato via l’anno scorso.

     

    Una delle sue ultime scoperte è un documento sensazionale: un frammento di una lettera manoscritta da un certo David nel XVI secolo che scrive ad un gigante della Cabbalà, il Rabbino Yitzchaq Luria z.z.l., conosciuto come l’Arì Hakadosh, Il Sacro Leone, che in quel periodo viveva in Egitto.

     

    La lettera tratta temi di vita quotidiana ebraica; l’autore aveva scritto all’Ari Hakadosh, chiedendogli di garantire per un certo emissario, che era stato inviato dagli abitanti della città di Tzfat, di raccogliere fondi tra gli ebrei residenti fuori di Eretz Israel.

     

     L’Ari Hakadosh era conosciuto come una persona che conduceva una vita molto semplice che lo portava fino all’ascesi, immerso nello studio della Mistica, ma in questo caso il suo consiglio fu, comunque ricercato, su questioni relative alla normale vita quotidiana, come chiarisce questa lettera.

     

    La lettera è stata conservata in una serie unica di circostanze, poiché è stata utilizzata come parte della copertina di un libro, come era pratica comune in passato quando altri materiali come il cartone erano ancora sconosciuti. I rilegatori prendevano vecchie lettere e manoscritti, li incollavano insieme e li usavano per formare la rilegatura di nuovi libri.

     

    Il dottor Yoel Finkelman, il curatore della collezione Judaica nella National Library di Israele, ha detto: “Questa rarissima lettera è uno degli oggetti più preziosi tra le collezioni conservate dalla National Library.     Fornisce informazioni sulla storia degli ebrei nella Terra d’Israele ed è stato conservato in modo unico nella rilegatura di un vecchio libro, una scoperta significativa che attesta l’influenza dell’Ari Hakadosh non solo nell’area della Cabbalà ma anche in questioni della vita quotidiana”.

     

    R. Yitzchaq Luria nacque a Gerusalemme nel 1534 da padre ashkenazita, Shelomò e da madre sefardita.                             

     

    A proposito del padre si narra che mentre era da solo a studiare nel Beth hakneseth, gli apparve Eliyahu HaNavi e gli disse: “Sono stato mandato da te dall’Onnipotente per portarti la notizia che tua moglie concepirà e partorirà un bambino, lo chiamerai Yitzchak. Comincerà a liberare Israele dalle Kelipot [scorie, le forze del male]. Attraverso di lui, numerose anime riceveranno il loro tikkun. È anche destinato a rivelare molti segreti della Torah ed insegnare lo Zohar. La sua fama si diffonderà in tutto il mondo. Bada quindi di non circonciderlo prima che io diventi il Sandak (il compare che tiene il bambino durante la cerimonia di Berit Milah).

     

    L’Arì perse il padre quando era ancora bambino e fu allevato in Egitto da uno zio materno molto ricco. Si sposò a soli quindici anni con una cugina. La tranquillità economica gli consentì di dedicarsi allo studio e presto si dedicò all’ascetismo e al misticismo.

     

    A ventidue anni iniziò a studiare lo Zohar, opera fondamentale della Cabbalà e per sette anni visse isolato in una casetta sulle rive del Nilo in totale meditazione e tornava dalla moglie solo per lo Shabbath rivolgendole pochissime parole indispensabili solo in ebraico.

     

    Nel 1569 tornò in Eretz Israel, a Gerusalemme, dove rimase per poco tempo e poi si trasferì a Safed, culla della Cabbalà, dove morì il 25 luglio 1572 e fu seppellito nell’Antico Cimitero Ebraico.

     

    Nella sua vita non scrisse libri e i testi che gli furono attribuiti furono opera del suo allievo prediletto Chaim Vital, altro gigante della Cabbalà. L’opera più conosciuta, frutto degli appunti presi dal Vital è l’Etz Hachaim (albero della vita) in otto volumi, che parla dell’ordine divino e dell’esistenza delle cose. L’opera si occupa della rivelazione e della percezione della realtà da parte dell’uomo del nostro tempo.

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