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    “I fatti dei Padri sono un segno per i figli” – La storia si ripete?

    “…Poiché io e il mio popolo siamo stati venduti per essere distrutti, uccisi, sterminati….” (Ester,7-4). Questa è l’affermazione della regina Ester nell’accusare il perfido Aman che voleva sterminare tutti gli ebrei di Persia perché Mordechai non si inchinava davanti a lui.

     

    Il libro di Ester ci narra che in un primo momento il re Assuero acconsentì allo sterminio del popolo ebraico nonostante Mordechai gli avesse salvato la vita. Un episodio accaduto tra il IV e il III secolo A.E.V. ma come vedremo la storia anche in futuro sarà sempre la stessa.

     

    Un detto rabbinico dice: ”Maasè avoth siman labanim”, I fatti dei Padri sono un segno per i figli. I fatti narrati nella Bibbia sono il paradigma di ciò che accadrà alle generazioni future. Troppe volte nel corso della storia del popolo ebraico nella diaspora episodi simili si sono ripetuti, ma con esiti drammatici diversi dall’epilogo del racconto della regina Ester.

     

    Facciamo un salto di circa ventiquattro secoli e arriviamo ai giorni nostri. Noi ebrei siamo a Roma dal 139 A.E.V. quindi immigrati “forzati” da ottantasei generazioni. Già dai tempi dei romani la maggior parte del nostro popolo fu riconosciuta come “cives”, cittadini a tutti gli effetti, prestando regolare servizio militare e assolvendo tutti i doveri.

     

    Nel Risorgimento il contributo ebraico all’unità d’Italia fu massiccio e fondamentale. Come dimenticare il mitico capitano Segre che sparò il primo colpo di cannone per la breccia di Porta Pia? E l’opera di Samuele Alatri, ex presidente della Comunità ebraica di Roma che ricostruì le finanze della città di Roma e successivamente deputato del Regno.

     

    Per non parlare di come Ernesto Nathan rivoluzionò la città di Roma, tanto da meritarsi il titolo di miglior sindaco della storia. Nella Prima Guerra Mondiale la partecipazione ebraica fu massiccia. Oltre agli ufficiali ebrei ci furono tantissimi soldati semplici.  Addirittura l’allora rabbino capo di Roma, Angelo Sacerdoti, lasciò la sua comunità per correre al fronte e dare assistenza ai soldati ebrei.

     

    Nonostante questo, con le infami leggi razziste e fasciste del 1938, fummo declassati a cittadini di serie B e considerati degli stranieri. Nella resistenza contro il nazifascismo uomini e donne ebrei fecero la loro parte, molte volte torturati e trucidati.

     

    Anche nella costituente il nostro contributo è stato sostanziale. Eravamo tutti convinti che dopo la sconfitta del nazifascismo, con la creazione dello stato democratico fondato sulla Costituzione, finalmente e definitivamente fossimo riconosciuti cittadini italiani a tutti gli effetti. E invece ci siamo sbagliati.

     

    E’ notizia di questi giorni che i servizi segreti italiani sapevano e informarono che ci sarebbe stato un attentato alla sinagoga di Roma nel 1982. Eppure quella mattina maledetta del 9 ottobre intorno alla sinagoga non c’era neanche un poliziotto o un carabiniere, con il risultato che un bimbo di due anni fu ucciso e 37 persone ferite. Tutti cittadini italiani di religione ebraica che uscivano dal luogo di preghiera.

     

    E tutto questo perché ancora una volta “… siamo stati venduti…” per evitare attentati sul territorio italiano. Il Presidente Cossiga più volte parlò del cosiddetto “Lodo Moro”. Un accordo sciagurato con i terroristi palestinesi per non compiere attentati sul territorio italiano, ad esclusione di siti ebraici o israeliani.

     

    Secondo Aldo Moro evidentemente, nonostante tutto, noi ebrei non eravamo sufficientemente italiani. Per entrare in sinagoga, però, nessuno ha mai chiesto il passaporto.

     

    Tra l’altro l’accordo neanche funzionò, perché prima e dopo l’attentato al tempio maggiore, il vile terrorismo palestinese colpì duramente l’Italia. Basti ricordare gli attentati a Fiumicino, a via Bissolati. Quindi fu anche una strategia fallimentare.

     

    Ero tra i feriti dell’attentato del 9 ottobre e ci sono scene che non posso dimenticare.

     

    La classe politica dell’epoca non era certamente nostra amica. L’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini nel discorso di Capodanno fu durissimo. Il ministro dell’Interno, Rognoni, responsabile della protezione dei nostri luoghi di culto, era presidente della Società Nazionale di amicizia Italo-Araba, e questo la dice lunga.

     

    La notizia di questi giorni forse fa più male delle schegge di bomba che ho ancora dentro le gambe, perché sapere che anche nella repubblica in cui vige la Costituzione ancora non siamo considerati cittadini uguali agli altri, ci offende, ci ferisce, ci indigna.

     

    Quanto altro sangue dobbiamo versare per non essere considerati stranieri? Spero che il Governo, il Parlamento, il Copasir facciano chiarezza sulle responsabilità morali di questa vergogna.

     

    Personalmente attuerò una protesta civile. Se chiarezza non sarà fatta, non parteciperò alle celebrazioni della Giornata della Memoria, perché non so che farmene della finta pietà per gli ebrei morti, quando non si ha rispetto per gli ebrei vivi.

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