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    Antisemitismo: “In UE serve strategia e coraggio per affrontare antisemitismo” – Intervista a Pina Picierno

    Un rapporto dell’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA) ha rilevato nei giorni scorsi un preoccupante aumento dell’antisemitismo in Europa, legato anche alla pandemia, al ritorno di vecchi pregiudizi, e di teorie complottiste. Così in Europa sono aumentati gli incidenti a sfondo antisemita. Shalom ha intervistato Pina Picierno, europarlamentare, al suo secondo mandato, da sempre impegnata nella lotta all’antisemitismo e ad ogni forma di discriminazione. Picierno ha sottolineato più volte anche che Israele rappresenti il confine democratico del Medio Oriente, considera qualsiasi forma di fondamentalismo incompatibile con la libertà e la democrazia.

    Quale può essere la funzione di una strategia europea per contrastare l’antisemitismo e quali sono gli assi prioritari lungo cui svilupparla?

    Una strategia europea può consentire, innanzitutto, di costruire una visione organica per affrontare questo problema enorme. Spesso vi è un filo conduttore che attraversa i diversi Stati dell’Unione e anche la tragedia dell’antisemitismo ha assorbito dinamiche transnazionali sempre più avanzate. Si può garantire un più articolato e profondo scambio di informazioni tra i diversi Stati per assicurare una migliore e maggiore protezione delle istituzioni ebraiche e delle comunità ebraiche in Italia e in Europa. Un approccio comune in materia di sicurezza produrrebbe infatti un importante salto di qualità soprattutto in termini di intelligence, cooperazione e gestione transfrontaliera. Tutto ciò vale a maggior ragione ora che tanti movimenti antisemiti sembrano drammaticamente aver trovato nuova linfa con l’emergenza Covid, grazie a una terribile cassa di risonanza determinata dal riemergere di tante teorie complottiste e dietrologiche che puntano l’indice contro le comunità ebraiche, soprattutto grazie alla circolazione di video e testi sul web. Ritengo che una strategia comune europea sia condizione necessaria, ma non sufficiente, per affrontare il violento ritorno dell’antisemitismo. Perché occorre più coraggio anche nel mettere a punto strumenti di tutela ad hoc per le comunità ebraiche, partendo dalle loro radici e abitudini.

     

    Quali sono i principali rischi e criticità trasversali ai Paesi dell’Unione?

     

    Il rischio è che la connessione tra le realtà antisemite, i collegamenti tra gruppi, procedano più rapidamente di quelli tra le istituzioni. Questo pericolo è ovviamente moltiplicato dall’utilizzo del web e del “deep web”. Non possiamo correre il pericolo che si crei un humus comune tra movimenti e realtà che in apparenza condividono poco o nulla. Anche grazie al lavoro dell’intelligence e degli inquirenti dobbiamo stroncare sul nascere un rischio enorme e atroce: che l’antisemitismo diventi il collante che unisce gruppi criminali differenti e distanti. Occorre quindi agire su due livelli: una forte azione di repressione e interventi strutturali di tutela che consentano alle comunità ebraiche di potersi esprimere liberamente e di vedere garantite senza ostacolo alcuno pratiche, usanze e liturgie. Perché, come ha sottolineato Ursula von Der Leyen, l’Europa può prosperare soltanto se prospera la comunità ebraica.

     

    In questi ultimi anni si registra una recrudescenza dell’antisemitismo. Secondo lei da cosa è causata? Si può affermare che sia stato un sottovalutato questo fenomeno?

     

    Ne sono convinta. Ogni volta che si lancia un allarme riguardo la recrudescenza dell’antisemitismo si levano ancora troppe voci che lo indicano come un pericolo anacronistico e obsoleto. Non ci si rende conto che dentro molte forme di espressione quotidiane, anche provenienti da contesti e soggetti insospettabili, si annida un retropensiero antisemita. Ci sono appunto forme carsiche di antisemitismo, ancor più gravi e dolorose di quelle esplicite e frontali. Esse rappresentano una lesione quotidiana sulla pelle delle comunità ebraiche, contro cui è sempre più difficile ribellarsi. Ciò è di una gravità inaudita.

     

    Abbiamo assistito all’emersione di due tipi di antisemitismo. Uno legato ai movimenti neofascisti e di estrema destra, l’altro prodotto dai movimenti che predicano e praticano l’integralismo islamico, come in Francia e Belgio. Quale può essere l’approccio per contrastare questi due fenomeni? Servono politiche diverse?

     

    Chi predica l’antisemitismo, chi lo attua, chi lo esprime, è un criminale. Questo deve costituire un assioma imprescindibile. Purtroppo ogni forma di integralismo islamico sviluppa la sua identità proprio sull’obiettivo primario di reprimere e cancellare le comunità ebraiche. In questo caso si utilizzano presunte finalità religiose e spirituali per rendere più presentabili e strutturate teorie esclusivamente criminali e antisemite. Bisogna assumersi il coraggio e la responsabilità di riconoscere che l’integralismo islamico e più in generale ogni forma di integralismo religioso non sono compatibili con la libertà e la democrazia. E, non a caso, esprimono gli stessi concetti deliranti dei gruppi neofascisti, neonazisti e di estrema destra. Leggendo uno di questi testi folli, la paternità potrebbe essere indistintamente attribuita all’estremismo di destra o all’integralismo islamico. Mi sembra un dato di fatto di porta enorme.

     

    È possibile ipotizzare e concepire una legislazione che tuteli la vita ebraica, a partire da elementi di salvaguardia e protezione delle principali abitudini?

     

    È necessario sviluppare e consolidare queste forme di tutela per la vita ebraica. Lo considero un elemento basilare, troppo spesso trascurato nel dibattito pubblico. Bisognerebbe in questo senso accogliere le richieste che provengono dalle stesse istituzioni e comunità ebraiche. Negli ultimi anni alcune organizzazioni ebraiche, come la Conferenza dei Rabbini europei, hanno sottolineato come l’antisemitismo possa svilupparsi in modo diverso dal passato. Per esempio attraverso una legislazione che vieti la circoncisione o la macellazione rituale. Una strategia comune europea, che sia davvero efficace e funzionale, deve partire necessariamente da questi aspetti dirimenti.

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